Mendrisiotto

Mortale di Novazzano, condannato a 18 mesi sospesi il 29enne

Nello scontro del giugno 2022 era deceduto un 53enne del Mendrisiotto. ‘Mi ritenevo in grado di guidare’, ha dichiarato il giovane in aula

L’auto dopo l’incidente
(Rescue Media (archivio))
18 gennaio 2024
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Stava rientrando da una serata di festa a Lugano. All’altezza di Novazzano, il 17 giugno 2022 verso le 6.25 del mattino, in direzione sud, l’auto guidata da un 29enne comasco urta una Harley Davidson con a bordo un 53enne residente nella zona. A distanza di due anni si è giunti alle Assise correzionali di Mendrisio in Lugano in forma di rito abbreviato grazie a un accordo sulla pena giunto dalle parti. L’avvocato della difesa Samuele Scarpelli e la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis hanno proposto al giudice Mauro Ermani una pena detentiva di 18 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di due anni.

L’italiano, giudicato colpevole di omicidio colposo e guida in stato di inattitudine, stava conducendo con una concentrazione alcolemica tra l’1,27 e l'1,74 per mille a una velocità calcolata di 151 km/h dove il limite è a 120 km/h. Il 53enne secondo la perizia stava invece circolando a 80 km/h e, a seguito dell’urto e della relativa caduta, è deceduto sul posto a causa delle gravi lesioni riportate.

‘Una grande imprudenza’

Il giovane, durante il processo ha detto che non consumava abitualmente alcolici: «Con l’alcol ho un legame sporadico, lo bevo solo in compagnia. Dopo l’incidente invece lo consumo molto di rado. Ora sono molto più restio perché ogni volta mi torna in mente quanto successo. Mi ritenevo in condizione di guidare: la mia sensazione era quella di poter rientrare a casa, ma è stato un errore di valutazione. Una grande imprudenza».

Al momento della sentenza il giudice ha definito quanto è avvenuto «un caso tragico che lascia l’amaro in bocca. Un giovane per bene che non ha pensato prima di mettersi al volante e ha causato una sventura. Un giovane sinceramente consapevole della sua grave colpa. L’incidente però nasce prima, perché si è messo consapevolmente al volante in quelle condizioni».

La riabilitazione dallo psicologo

Dal giorno dell’incidente il giovane sta seguendo una terapia con uno psicologo e questo ha influito sulla decisione finale del giudice che ha comunque accettato la proposta di pena: «Io non ero convinto di approvare questo atto d’accusa, ma a suo favore c’è il fatto che si è rivolto a un professionista. Inoltre l’espiazione anche parziale della pena non porterebbe nessun beneficio, dato che già si è reso conto di quanto ha fatto. Il passato non si può cancellare e dovrà sempre fare i conti con quanto accaduto, non sarebbe giusto dimenticare».

Per il 29enne il processo è stata l’occasione anche per porgere la sua solidarietà nei confronti della famiglia della vittima: «Esprimo le mie condoglianze e mi scuso di non averlo fatto prima, ma non ho mai trovato il coraggio. Spesso penso a loro, non oso neanche immaginare che cosa possa significare il dolore che stanno provando per causa mia».

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