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Da un’esperienza ventennale, nasce il Calicantus

È il nuovo Centro di socializzazione del Comune di Chiasso che funge da riferimento per i migranti. Martedì 24 ottobre verrà inaugurato in via Soldini 14

23 ottobre 2023
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La leggenda narra che in un gelido inverno un pettirosso, scacciato da ogni albero da cui cercava protezione, trovò riparo tra i rami di un calicanto. Fu così che quella pianta, come ricompensa, ricevette in dono quel fiore giallo che racchiude in sé la forza e la tenacia nelle avversità. A Chiasso dal mito si è passati alla realtà. La simbologia del calicanto si è infatti concretizzata nel rappresentare il nome e lo scopo del nuovo Centro di socializzazione in via Soldini 14, che è e sarà luogo di accoglienza e di riferimento per la popolazione migrante. Ma non solo. L’inaugurazione del nuovo spazio si terrà martedì 24 ottobre, alla presenza di Raffele De Rosa, consigliere di Stato, Roberta Pantani, capodicastero Socialità e Andrea Bianchi, caposervizio attività sociali e giovani del Comune di Chiasso.

Un progetto che nasce dalla sinergica volontà del Comune insieme al Cantone e che è frutto della ventennale esperienza dell’Ufficio Chiasso Culture in Movimento sul territorio regionale. Un ufficio «unico nel suo genere», come ci spiega Lucia Ceccato, coordinatrice e responsabile del centro, che da vent’anni rappresenta il volto istituzionale di questo servizio. «Si tratta dell’unico ufficio a livello cantonale, che in seno ai servizi sociali comunali si occupa di sviluppare, promuovere e favorire la convivenza multiculturale». Un ufficio «che è sempre stato in grado di ascoltare, seguire e assecondare le esigenze dal basso». Tutto ciò che è stato fatto, precisa «è stato proposto perché se ne vedeva l’esigenza». Motivo per il quale «non ci sono mai stati periodi con poca affluenza».

Due anime da avvicinare

Per saperne di più, Ceccato ci accompagna sulla macchina del tempo digitando l’anno 2001. «Questo progetto è nato ventidue anni fa grazie a una ricerca della Supsi realizzata da Christian Marazzi, Paola Solcà e Leonardo Da Vinci su richiesta dell’allora capo ufficio previdenza sociale Marco Galli con il capodicastero Marco Ferrazzini». Uno studio che «evidenziava già all’epoca come a Chiasso ci fossero due anime: quella di coloro che si sentono autoctoni e quella dei migranti». Sulla base di queste due anime «l’ufficio si è prefissato l’obiettivo di favorire la coesione sociale e l’identità cittadina in quanto anche comune di accoglienza e immigrazione». A ogni modo, prosegue, «vent’anni fa (come credo anche tuttora) a Chiasso si respirava un clima nostalgico degli anni Settanta, in cui la città era ricca e fiorente».

Il declino – ci spiega – «è poi stato associato, nell’immaginario collettivo, all’avvento della migrazione, quando, in realtà, erano semplicemente cambiati i tempi». Quello che emerse dalla ricerca era «che l’immigrazione percepita era di molto superiore rispetto a quella reale. Non c’era razzismo o intolleranza ma una mancanza di coesione tra queste due anime della cittadina». Ed è quindi la ricerca di questa coesione «ciò che ha guidato quest’ufficio fino a oggi, con l’apertura a maggio 2023 del Centro di socializzazione Calicantus, il cui successo è un attestato della necessità progetti come questo». Importanza, aggiunge, che è stata riconosciuta a livello cantonale e federale, «tanto che ci hanno fornito un cospicuo finanziamento e abbiamo il sostegno del credito per l’integrazione della Confederazione».

Supporto alla genitorialità

Il nuovo centro, ci spiega Ceccato, «non viene inaugurato dal nulla ma è proprio frutto di vent’anni di lavoro. È un servizio già conosciuto e utilizzato: non avremo dunque il dubbio se funzionerà o meno». Negli anni, continua la responsabile, «abbiamo proposto tante attività di vario genere, dall’artistico al ludico-creativo, ai corsi di italiano e poi, piano piano, un po’ per l’esigenza dal basso e un po’ perché a livello cantonale e federale si sono resi conto dell’importanza sociale di questi aspetti, la nostra attenzione si è concentrata nel supporto alla genitorialità». Lo scopo è dunque quello «di sostenere l’incontro e il confronto tra genitori, con tutte le difficoltà che mamme e papà possono incontrare. Vorremmo che fosse un luogo in cui si possa dire ‘non ce la faccio più’ ricevendo il supporto di un’intera comunità. È un po’ la dimensione del proverbio africano: ‘Per crescere un bambino ci vuole un villaggio’». La grande novità «è che adesso abbiamo questo spazio in cui svolgere tutte le attività e che può essere un punto di riferimento per tutta la popolazione, non solo migrante». Infatti, afferma Ceccato, «uno dei nostri prossimi obiettivi, avendo a disposizione questo luogo, è aprirci di più a tutta la cittadinanza». Un tempo invece, prima della creazione di Calicantus, «le attività venivano svolte in giro, bisognava sempre cercare uno spazio libero e non si aveva dunque un punto di riferimento fisso».

Il nuovo centro Calicantus è di 500 metri quadrati con una cucina e dei tavoli, due aule per le lezioni e uno spazio dedicato ai bambini. Le attività «che proponiamo sono diverse e variano a seconda delle esigenze». Il corso di italiano «lo offriamo dal 2012, e à côté, quando i genitori seguono le lezioni, c’è un servizio di custodia dei bambini. Proponiamo – continua la responsabile – anche corsi di cucina, dove cerchiamo di proporre piatti tipici delle loro etnie. Anche perché spesso notiamo che i migranti, soprattutto i rifugiati, hanno una bassa autostima etnica che ha poi pesanti ricadute sul bambino e sulla famiglia in generale. Motivo per il quale per noi è importante lavorare sull’autostima etnica e prevenire che si creino ripercussioni».

Ci sono poi «i laboratori di cucito e d’arte e le esperienze Snoezelen. Ma si cerca comunque di variegare il più possibile l’offerta per raggiungere il più vasto numero di persone possibile, andando incontro ai gusti e agli interessi di ciascuno».

Tutto ciò è reso possibile grazie a «una super équipe composta da personale multidisciplinare e multietnico. L’infermiera Katia Luraschi coordina il team educativo, composto da due educatrici e tre aiuto educatrici che hanno un passato migratorio». Infatti, «riusciamo a rappresentare le lingue di origine delle persone che vivono a Chiasso: somalo, amarico, tigrino e tamil, ma anche inglese». Il vantaggio «è che chi viene qui può avere un contatto con il personale che parla magari la stessa lingua e che poi se c’è bisogno di un ulteriore supporto c’è comunque dietro un’istituzione che può attivare una rete di sostegno». Come nella leggenda del calicanto e del pettirosso, conclude Lucia Ceccato, «desideriamo essere un luogo che accoglie e rigenera nei nostri inverni e che aiuti poi a spiccare il volo».

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