Luganese

Il grande ruolo dei piccoli negozietti

L'esempio di Cimadera, dove la chiusura della bottega ha lasciato 'orfani' gli abitanti

12 dicembre 2019
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«A Cimadera c’è sempre stato il negozio, sin da quando sono nata», è così che esordisce Marisa, settantasette anni, parlando della piccola bottega che ha chiuso i battenti l’anno scorso. Adesso, lei e tanti altri anziani sono obbligati a spostarsi di chilometri per comprare beni di prima necessità che una volta potevano acquistare direttamente in paese dopo una breve passeggiata. Una situazione non facile, perché, come sottolineato dalla signora, «non tutti hanno il marito che guida o la figlia disposta a portarli in giro». Sempre più spesso questi piccoli negozi di paese chiudono, lasciando alle loro spalle un vuoto incolmabile. La loro chiusura per molti abitanti marca la fine di un’era, il segno tangibile che i tempi cambiano – e non per il meglio.

È una situazione che stanno affrontando diversi paesi e che ha attirato l’attenzione sia delle autorità locali (diversi gli atti parlamentari pendenti a tal proposito), che dell’Ente regionale di sviluppo (Ersl). Quest’ultimo ha pronta una strategia al riguardo, che prevede aiuti concreti a queste piccole realtà nel corso dell’anno prossimo (cfr. correlato).

Ma perché sono così importanti? Parlando con la signora Marisa risulta chiaro che si tratta di essenziali luoghi d’incontro, soprattutto in comuni piccoli e situati in zone periferiche: «Io ci andavo tutti i giorni a comprare il pane e altre cose necessarie, e lì incontravo altra gente e scambiavo due parole». A Cimadera come altrove, la bottega svolgeva un importante ruolo sociale, visto che col passare degli anni sono venuti a mancare altri punti d’incontro. Marisa ricorda come una volta «c’erano anche tre ristoranti, e poi poco a poco hanno chiuso», lasciando solo l’emporio a ricoprire il ruolo di collante per la comunità. 

Non è da dimenticare però che questi negozi svolgono anche un ruolo importante da un punto di vista economico, perché spesso offrono prodotti provenienti da aziende agricole locali presenti nel comprensorio. Questo fatto comporta però che i prodotti offerti hanno un prezzo talvolta superiore rispetto a quelli riscontrati nei supermercati. Inoltre, essendo spesso situati in locali piccoli, l’offerta dei prodotti risulta ridotta. Marisa però ricorda di come il proprietario «veniva incontro ai bisogni specifici (del suo cliente, ndr), e se mancava qualcosa bastava chiedere e lo recuperava per il giorno dopo».

Un problema, quello della mancanza di merce, che sarebbe stato possibile risolvere con una clientela più numerosa. È spesso il caso – soprattutto per botteghe situate nei villaggi in montagna – che vi sia scarsità di clientela, come notato anche da Marisa: «Ha dovuto chiudere perché era poco frequentato dagli abitanti del paese in questi ultimi anni». Si trattava di una clientela che andava calando, vista l’età avanzata dei frequentatori principali, e ciò ha segnato la fine di questo negozio. I nuovi venuti, spesso famiglie giovani, non avevano l’abitudine di comprare al negozietto di paese, preferendo invece fare la spesa settimanale nei grandi supermercati.

Ma raggiungere questi grandi supermercati per le persone anziane non è affatto facile. Se infatti non posseggono un’automobile, spostarsi dalle zone periferiche comporta sia costi importanti che scarse opportunità visto che i bus di linea, in certi comuni, passano raramente.

Il contesto: costi, spazi, orari, nuove abitudini: i problemi identificati dall’ente di sviluppo

L’interrogazione presentata a settembre da Ps, Verdi e Pc al Municipio di Lugano è solo l’ultimo in ordine di tempo degli atti parlamentari sul tema della crisi dei negozi di paese. A preoccuparsene è stato anche l’Ente regionale per lo sviluppo del Luganese (Ersl), che si è dato l’obiettivo di elaborare una strategia concreta che possa essere d’aiuto ai piccoli negozi, anche con contributi finanziari ‘mirati’ (cfr. ‘laRegione’ del 28 novembre).

A questo scopo, l’Ersl ha interpellato con un questionario quasi una cinquantina di negozi in tutto il distretto, ma soprattutto nei comuni e nei villaggi delle aree più discoste e difficili da raggiungere.

La direttrice dell’Ersl Roberta Angotti Pellegatta, da noi contattata, ci ha spiegato che dalle risposte ricevute emergono alcune sfide comuni a tutti i negozi. «In primo luogo, c’è l’impossibilità di competere con la concorrenza dei supermercati sia per i prezzi sia per la varietà dell’offerta. Vi sono poi i costi di gestione per il personale e per gli affitti di spazi che, oltre a essere spesso ridotti, necessiterebbero di interventi per renderli più attrattivi e accoglienti. Senza dimenticare i costi per la comunicazione e le nuove modalità di pagamento».

Puntare su qualità e flessibilità

Secondo la direttrice, «per superare questi limiti, i piccoli negozi potrebbero puntare sulla qualità dei prodotti, sulla specializzazione e sulla possibilità di offrire servizi che meglio rispondono alle esigenze della clientela. Ma anche in questo caso le disposizioni legali impediscono di proporre, ad esempio, orari d’apertura più flessibili che potrebbero favorire chi rientra a domicilio dopo una giornata di lavoro oppure di tenere aperto in alcuni giorni festivi, magari in occasione di una sagra in paese con un forte afflusso di persone. Una maggiore flessibilità potrebbe permettere non solo di meglio servire i clienti più affezionati, di solito le persone anziane, ma anche di dare una risposta alle abitudini e ai bisogni delle giovani generazioni nate nell’era digitale».

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