Luganese

Stazione di servizio alleggerita di 120mila sigarette

Due dipendenti della Migrolino di Manno, e due correi, a processo per furto aggravato avvenuto fra il 2014 e il 2015.

10 ottobre 2019
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Ben 6’535 stecche di sigarette per un valore di circa mezzo milione di franchi. Questi i numeri, importanti, del processo apertosi questa mattina alle Assise criminali di Lugano. Alla sbarra quattro persone, due donne, cittadine italiane di 36 e 42 anni, la prima residente a Porto Ceresio, la seconda a Varese, e due uomini, un italiano di 55 anni (di Cugliate Fabiasco) e un ticinese di 33, domiciliato nel Mendrisiotto. Fra di loro due dipendenti dalla stazione Migrolino di Manno dove fra il gennaio 2014 e l’agosto 2015, in correità con gli altri due, hanno sottratto oltre 65mila pacchetti ovvero 120mila sigarette. Un dibattimento che ha preso tutta la mattinata e che ha sciorinato merce e consegne di quello che è considerato dalla procuratrice Pamela Pedretti un furto aggravato perché attuato in banda e per mestiere. In circa un anno e mezzo la sostituta gerente e una commessa, impiegate alla stazione di servizio del Malcantone, avrebbero, secondo l’accusa, messo in piede un oliato ingranaggio volto ad alleggerire gli scaffali del negozio di centinaia di pacchetti di sigarette (circa 340 al mese) per poi rivenderli al 55enne (che a sua volta ci guadagnava smerciandoli a suoi fidati clienti), regalarli a conoscenti e amici o destinarli al consumo personale. Con loro, a processo, l’allora compagno della 42enne, accusato di ricettazione aggravata, per mestiere. «Ho fatto una grande stupidata» ha risposto alla presidente della Corte, la giudice Francesca Verda Chiocchetti, la commessa. Un ‘mea culpa’, accolto anche dall’accusatore privato, tanto che la donna continua a lavorare alla stazione di servizio, «certo a condizioni non proprio bellissime», come da lei stessa dichiarato, in quanto buona parte dello stipendio viene trattenuto dal datore di lavoro per ripianare parte del danno subito.


Richieste e consegne definite ‘a tavolino’, su tutte le Marlboro, soprattutto rosse e light


Ma come 120mila sigarette hanno potuto volatilizzarsi senza che nessuno se ne sia accorto prima? Fatto sta che le due donne, secondo l’atto d’accusa, agivano, a volte insieme a volte singolarmente, in assenza del gerente e per questo “consapevoli – si legge nell’atto d’accusa – dell’impossibilità di venir scoperte”. Secondo la ricostruzione avvenuta in aula le due donne si confrontavano con il 55enne dal quale ricevevano indicazioni precise su marche e quantità più appetibili (una su tutte le Marlboro, rosse e light). Una volta raccolti i desiderata le due dipendenti preparavano gli scatoloni e glieli consegnavano, anche pacchetti singoli che il cinquantenne poi riponeva nel bagagliaio della propria moto e tornava in Italia dove rivendeva le sigarette a terzi, fra cui una decina di autisti e una casalinga. Con alle spalle alcuni precedenti penali (fra cui storie di droga e di radar) ai protagonisti del processo la procuratrice ha chiesto pene per la sostituta gerente 30 mesi (di cui 6 da espiare), per la commessa (a cui è stata riconosciuta la reale volontà di risarcire) e il 55enne 18 mesi e per il trentenne 10 mesi. Contenimento delle pene o rinvio alla decisione della Corte invece la richiesta dei difensori, gli avvocati, Matteo Quadranti, Yasar Ravi, Fulvio Pezzati e Olivier Ferrari. La sentenza delle Assise criminali (giudici a latere Aurelio Facchi e Fabrizio Filippo Monaci) è attesa per domani alle 17.

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