Luganese

Lugano, alla Moncucco i robot entrano in corsia

La Clinica Luganese accelera sulle migliorie tecnologiche, robotizzando la produzione di citostatici e informatizzando l'identificazione dei pazienti

18 settembre 2019
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Primi in Ticino e secondi in Svizzera. Non è indifferente il balzo tecnologico che la Clinica Luganese sta compiendo e che l’ha portata – in determinati ambiti – all’avanguardia delle strutture sanitarie. In particolare, è l’unica nel cantone a essersi dotata di un sistema robotizzato e centralizzato di produzione di citostatici, i farmaci che si utilizzano nella lotta ai tumori.A livello nazionale, solo la farmacia centralizzata di Zurigo ha una struttura con un’apparecchiatura simile. Alla Moncucco, dal luglio del 2018 – ossia da quando è stata rilasciata l’autorizzazione cantonale – è infatti in funzione un robot dotato di braccio meccanico che è in grado di preparare autonomamente il medicamento richiesto dal farmacista.
«Precedente erano gli infermieri della clinica a preparare in ambulatorio i farmaci», spiega la caposervizio della farmacia Lisa Ambrosetti. Una procedura che è tuttora prassi nelle altre strutture sanitarie ticinesi, ad eccezioni dello Iosi (Istituto oncologico della Svizzera italiana) di Bellinzona e dell’Ospedale Italiano di Lugano, che anche hanno chiesto e ottenuto l’autorizzazione cantonale per una produzione centralizzata, che viene tuttavia effettuata manualmente dal personale. La Moncucco ha invece investito circa mezzo milione di franchi «per raggiungere una maggiore qualità del prodotto, per la sicurezza degli operatori e perché la produzione in serie evita la ripetitività a quest’ultimi riducendo il rischio di errori». Certo, anche il robot necessita di essere controllato: una bilancia di precisione verifica il peso – specifico per ogni farmaco – e al termine dell’operazione è comunque sempre il farmacista a effettuare una verifica visiva di quanto fatto.

A breve il sistema si applicherà anche in sala operatoria e radiologia

Altra significativa miglioria introdotta nella clinica di Besso è il braccialetto identificativo applicato all’ingresso a ogni paziente e che lo accompagnerà per tutta la degenza. Al suo interno c’è un chip che contiene tutte le informazioni – di natura biografica e medica – indispensabili durante il ricovero. Il personale medico è invece dotato di uno smartphone: supporto necessario per l’identificazione del paziente mediante il braccialetto e per il collegamento alla cartella sanitaria informatizzata. «È un sistema che riguarda tutti i reparti di cura – spiega Vincenzo Coppolino, caposervizio area infermieristica –, ma nel breve termine stiamo studiando ulteriori applicazioni: l’identificazione tramite smartphone prima di tutte le procedure diagnostiche e invasive (in sala operatoria per esempio, ndr) e l’identificazione di operatore, paziente e provetta per gli esami di laboratorio». E la probabilità di errori? «Se la procedura viene seguita correttamente, non sono possibili».

Il direttore: «Nella digitalizzazione in ambito sanitario la Svizzera sta perdendo terreno»

Nel confronto europeo e mondiale, la Svizzera sta perdendo terreno nella digitalizzazione in ambito sanitario. È il monito del direttore della Clinica Luganese, che spiega proprio i motivi che hanno portato la struttura che dirige a investire in questo campo. «La tecnologia può senz’altro aiutare ad aumentare la sicurezza nei processi di cura – osserva Christian Camponovo –, ma ci sono due difficoltà principali che ne rallentano l’applicazione». In primo luogo, le nuove tecnologie s’inseriscono in processi di cura che esiste da decenni e che richiedono – per una loro corretta e proficua implementazione – dei cambiamenti nei processi stessi. Inoltre, le tecnologie «non sempre hanno quel grado di affidabilità che nella sanità si ricerca: abbiamo bisogno di certezze». Proprio per queste ragioni, il lavoro d’introduzione delle novità (cfr. articolo principale) è stato lungo: cinque/sei anni.
La Moncucco, per decidere quali migliorie introdurre, si è basata reclami ricevuti e rilevamenti effettuati nel corso degli ultimi anni. Ma la clinica non ha elaborato queste migliorie da sola, bensì in stretta collaborazione con la Supsi.
A proposito della centralizzazione della produzione dei citostatici in particolare, Camponovo sottolinea come in Svizzera non vi sia un obbligo di legge in tal senso – «è stata una nostra scelta» –, ma che la pressione aumenta e «a medio-lungo termine credo che si arriverà ad averlo». E d’altronde, seppur più tecnologico, si tratterebbe di un ritorno alle origini: la preparazione dei medicamenti in loco, da parte dei farmacisti era prassi comune fino a pochi decenni fa.

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