Luganese

Xenia Peran: 'Io contesto tutto'

Lunga e movimentata, è terminata la prima giornata processuale in Appello a carico dell'avvocata luganese. Il difensore: 'Inchiesta un po' contro l'imputata'

La Corte d'appello e di revisione penale di Locarno (Ti-Press)
27 novembre 2018
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Io contesto tutto». Si potrebbe riassumere brevemente così, con le parole di Xenia Peran stessa, la lunga e movimentata prima giornata del processo alla Corte d’appello e revisione penale (Carp). Al tribunale locarnese si è rivolta l’imputata, insoddisfatta della sentenza che due anni fa la condannò a ventiquattro mesi sospesi condizionalmente per svariati reati, fra cui appropriazione indebita e diffamazione.
Pur non essendo entrato di fatto nel vivo, il procedimento ha riservato più momenti di tensione, caratterizzandosi fin da subito per essere un po’ sopra le righe. L’imputata ha infatti ribadito in aula la tesi che sostiene ormai da anni: pubblica accusa (rappresentata dal pp Paolo Bordoli) e accusatori privati (presenti in aula i legali Mario Postizzi e Massimo Bionda per due di essi, assente Battista Ghiggia) avrebbero ordito una sorta di cospirazione ai suoi danni dipingendola come ladra. Parole pesanti, verbalizzate per volontà stessa delle parti, e stigmatizzate dalla presidente della Corte Francesca Verda Chiocchetti – «non sono ammessi insulti in aula, è un ammonimento» –, che ha più volte dovuto ristabilire l’ordine. Inoltre, il processo è stato sospeso cinque volte a causa delle richieste che Peran e il suo difensore d'ufficio Edy Meli hanno formulato. Dapprima contestando la presenza dei rappresentanti degli accusatori privati: legittima in quanto riconosciuta già dal primo grado secondo l’accusa, non così per la difesa dato che non sarebbero stati citati formalmente. Un passaggio che, nel caso specifico, non era indispensabile a detta della giudice. «Gli accusatori privati non sono tali, ma semplicemente degli aventi diritto economico» ha comunque insistito Meli. Successivamente l’imputata ha invocato sia l’annullamento del processo del 2016 – richiamando diverse irregolarità (fra cui alcuni documenti importanti per la sua difesa, come le rogatorie iniziali, assenti dagli atti) –, che la ricusa del secondo atto d’accusa stilato da Bordoli, in quanto «manomesso». Ma entrambe le istanze sono state respinte.
Le questioni pregiudiziali e probatorie sono infine terminate con una serie di richieste ancora senza risposta. Meli ha sottolineato che «l’inchiesta non solo è stata un po’ lenta, ma anche un po’ contro l’imputata». Diversi i punti contestati: verbali «un po’ incasinati», nessun contradditorio fra accusatori privati e imputata, un ordine di perquisizione (poi dichiarato nullo) eseguito in soli due giorni, assenza di indagini sulla dubbia origine del denaro degli accusatori, le prove dell’imputata che sarebbero state sempre rifiutate ma senza motivazione o quasi. Il procedimento continua nei prossimi giorni.

Avida ladra o innocente vittima?

Colpevole di ripetuta appropriazione indebita aggravata per 135’000 euro, ripetuta sottrazione di cose requisite o sequestrate e ripetuta coazione. Parzialmente rea di ripetuta soppressione di documenti e reiterata diffamazione. Prosciolta invece dall’accusa di tentata estorsione, capo commutato poi in tentata coazione. Questa la sentenza, accompagnata da una pena di ventiquattro mesi sospesi per tre anni, emessa nell’ottobre 2016 alle Assise criminali di Lugano a carico di Xenia Peran. L’avvocata luganese contesta non solo l’esito dal processo guidato da Marco Villa, ma l’intero impianto accusatorio, dichiarandosi innocente.
La vicenda ha quasi dieci anni. Nel 2009, Peran segnalò agli inquirenti tre suoi assistiti – fra cui Corrado Ferlaino, l’anziano ex presidente del Napoli calcio ai tempi di Maradona – per presunto riciclaggio. L’anno seguente, furono loro ad accusare lei di essersi intascata quasi mezzo milione di franchi, anche tramite una società panamense di cui Peran era amministratrice unica. L’inchiesta ha un suo filone, tuttora aperto, in Italia, mentre in Svizzera è stata rimbalzata fra diverse Corti a causa delle opposizioni dell’imputata, che in aula ha ammesso: «Mi ha rovinato la vita».

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