Il 95enne di Locarno, sopravvissuto alla Shoa, con gli ambasciatori in Svizzera alla Giornata della memoria
«Come potevo io esprimere tutto quello che mi soffocava dentro? Improvvisamente ho capito che il linguaggio a me congeniale era l’arte grafica. Dovevo trovare un modo per collegarmi con il mio passato, col mondo nel quale sono nato e cresciuto. Ma cosa mi è rimasto? In apparenza nulla. Sono uscito dalla Shoah nudo e scalzo. Però mi sono accorto di avere nella mia mente un tesoro: le 22 lettere dell’alfabeto, con le quali si può esprimere tutto. Con esse potevo raccontare la mia storia, la mia identità e la mia cultura».
È un toccante passaggio del discorso pronunciato da Fishel Rabinowicz, 95 anni, di Locarno, in occasione delle celebrazioni della Giornata della memoria tenutesi lunedì a Berna alla presenza degli ambasciatori in Svizzera di una trentina di Paesi – fra cui l’americano Edward T. McMullen Jr,, il tedesco Karl Norbert Riedel e l’israeliano Jacob Keidar –, della presidente del Consiglio nazionale, Marina Carobbio, e di altri due sopravvissuti i quali, come Rabinowicz, hanno portato le loro testimonianze.
Il 95enne, che da lungo tempo vive in Ticino, ha avuto modo di esporre e presentare le sue pregevoli opere – realizzate usando strumenti cabalistici come la gematria e la permutazione – e, spiegandone i significati, ha toccato nervi scoperti come ignoranza, povertà, sterilità morte, schiavitù, malvagità, bruttezza, ma anche evocato i loro contrari: conoscenza, ricchezza, generazione, vita, potenza, pace e grazia. Particolarmente significative le parole di Marina Carobbio, che da ticinese ha riservato un affettuoso benvenuto a Rabinowicz, riconoscendone il coraggio e la forza per continuare a vivere dopo aver subito gli orrori dell’Olocausto. Alle celebrazioni era presente anche il presidente della Federazione svizzera delle Comunità ebraiche, Herbert Winter.