Bellinzonese

Museo del contrabbando sul S. Jorio ancora in stand-by

L'associazione nata due anni or sono per tale scopo non è ancora proprietaria delle casermette. Appello alle autorità.

6 febbraio 2018
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Sparate non ne vogliono fare. Ma la delusione – non lo nascondono – è grande. A due anni dalla costituzione dell’associazione Museo del Contrabbando i cinque fondatori non hanno infatti ancora raggiunto l’obiettivo che si erano preposti. Sono invero ancora ai piedi della scala. Al presidente Giancarlo Maretti – e ai membri di comitato Piergiorgio Ambrosini, Sandro Maretti, Carlo Gavazzini e Giorgio Meier – non è infatti ancora giunta alcuna comunicazione da parte di ArmaSuisse per la compravendita delle casermette che interessano l’associazione nata con lo spirito di onorare la memoria di chi, a cavallo tra la Val Morobbia e le valli italiane di confine (S. Jorio, Albano e Cavargna), rischiava la pelle in cerca di beni di prima necessità (riso) per sfamare la famiglia, ma anche di merceria varia come di copertoni per moto e bici. Più che per la Casermetta Tappa (o Sommafiume), in stato carente, l’associazione è interessata a ricavare uno spazio dedicato ai contrabbandieri – ragazzi e ragazze, padri e anziani di quel tempo – alla casermetta di Giumello, costruita a 1’850 metri sull’omonimo Alpe della Val Morobbia per un’ottantina di uomini dalla Grande guerra in poi. In sé il problema non riguarda tanto l’acquisto, quanto il necessario cambio di destinazione, procedura che può rilevarsi complessa se, come il caso, le strutture ai piedi del S. Jorio sorgono su un sedime fuori zona edificabile e su cui la Confederazione beneficia ancora di un diritto di superficie. Nell’ultimo contatto avuto con ArmaSuisse – Centro di competenza della Confederazione per gli acquisti, la tecnologia e gli immobili (parte del Dipartimento federale della difesa) – Berna aveva informato i promotori del Museo delle difficoltà riscontrate, per altre casermette in altre parti del cantone, nel passaggio da infrastrutture con scopi militari a edifici ad uso civile. Sarebbero proprio questi intoppi nella procedura edilizia a bloccare tutto.

Si pensa alle prossime mosse

Che fare ora? Seppellire la storia, rinunciare all’esposizione di antiche uniformi, vecchie bricolle e pacchi di sigarette e di tutta la documentazione raccolta negli anni con dedizione sul contrabbando? Maretti, che sul tema ha dedicato varie pubblicazioni, non vuole desistere, sorretto dal comitato, e con la determinazione di chi è convinto dei proprio obiettivi. In una recente riunione si sono valutate le strategie per uscire dall’impasse: tentare di riavviare i contatti con ArmaSuisse, anche se l’operazione è risultata negli anni assai laboriosa? Cercare sostegni all’interno del Cantone? O, forse, meglio puntare su altri partner quali l’Ente regionale di sviluppo Bellinzonese e valli che ha già maturato esperienza sul campo valorizzando la Linea Lona (progetto ForTi). Lo scenario che in ogni caso si vuole assolutamente evitare è che le due casermette citate, la Tappa e la Giumello, facciano la fine degli altri accantonamenti sul San Jorio, cancellati per sempre dalla memoria dallo stesso esercito che le ha demolite. Il rischio c’è. In una risposta a Cleto Ferrari, che due anni or sono interrogava il governo sul tema, si è venuti a sapere che il Cantone aveva appreso delle operazioni di demolizione solo su segnalazione di privati e solo quando i lavori erano in corso d’opera. Il governo non era stato coinvolto, neanche il Dipartimento istituzioni. «Non è giusto – conclude Maretti – che si lascino passare altri anni senza far nulla. Chi ha rischiato la vita, da un versante all’altro dell’Jorio, merita di esser degnamente ricordato. Ci appelliamo alle autorità».

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