Conosciamo la giovane scoperta della Nazionale. Dalla religione sino alla diatriba di paese
Il Mondiale di Janis Moser è finito prematuramente a causa di un infortunio al polso sinistro. “Sto bene, non ho dolori. Ovviamente è un po’ peccato, ma fa parte del gioco, può succedere”, racconta il 18enne, reduce da un’incredibile ascesa negli ultimi mesi. “Non me la sarei nemmeno sognata. Ho semplicemente provato a divertirmi. Sono felice”.
Roman Josi era il suo idolo e nella sua camera fa ancora bella figura il poster appeso del difensore di Nashville. “Già, e adesso me lo sono ritrovato come vicino di spogliatoio, wow. Da bambino guardavo le sue partite e osservavo i suoi movimenti e le sue mosse, cercavo d'imparare da lui”.
Il giovane Janis è molto impegnato. “Frequento la scuole di commercio per sportivi a Bienne. Nel mio tempo libero? Leggo volentieri dei libri e pratico diversi sporti con gli amici, ad esempio mi piacciono calcio, ciclismo e tennis”. Lo sport fa ovviamente la parte del leone nella vita del difensore, al punto che recentemente ha fondato un club. “Il tutto è nato a causa di una diatriba. Io e i miei amici una sera volevamo giocare sulla piazza della scuola del mio paese (Safnern ndr), ma il comune ci disse che l’illuminazione era riservata solo ai club e quindi non potevamo usarla. Ecco perché ci siamo decisi a fondare un club. Così ora anche noi possiamo sfruttare la piazza del nostro paese sino a tarda sera e addirittura possiamo pure utilizzare la palestra una volta alla settimana. Attualmente siamo solo un gruppo di amici, ma l’obiettivo a lunga gittata è di coinvolgere anche altri ragazzi, offrire loro altre alternative per impedire che debbano trascorrere tutto il tempo attaccati al telefonino”. Come s’intuisce Moser non ama molto i canali social media. “Li uso il minimo possibile, per me è tempo perso guardare video tutto il giorno su instagram. Preferisco fare attività produttive, leggere, imparare nuove cose e passare il tempo con i miei amici”.
Janis è molto credente. “Ho un bel rapporto con Dio. Non vado ogni domenica in chiesa, ma prego parecchio, anche prima delle partite o prima di salire su di un aereo. Prego anche per la salute mia e dei miei cari”.
Il ragazzo è molto legato al suo territorio. “Sono fiero delle mie radici, amo Bienne, i suoi dintorni e il suo lago. Lì faccio il pieno di energia. Il defunto Stade de Glace? È un pezzo di cuore che se n’è andato. Sono cresciuto in quell’impianto, un po’ mi manca, ma la Tissot Arena con la sua infrastruttura è l’ideale. Permette condizioni di allenamento evidentemente migliori per i ragazzi di tutte le età”.
Moser si ritiene un privilegiato. “La mia famiglia mi ha sempre sostenuto e lo fa tuttora al fine di rendermi la vita facile e poi, abitando ancora a casa, non devo svolgere nessun lavoro domestico”.
Dove vede il suo futuro? “L’obiettivo è la Nhl, ma ci vuole tempo, non mi sono dato una data di scadenza. Devo migliorare ancora molto, in particolare a livello atletico, è imperativo acquistare più forza al fine di avere un tiro più potente. Inoltre devo sviluppare il mio gioco offensivo per poter poi produrre più punti”.