Tennis

Bencic: ‘Adelaide rampa di lancio ideale’

La sangallese giocherà a Doha e Dubai, poi Miami, prima della stagione sulla terra che per lei partirà a Stoccarda. ‘A casa torno solo in aprile’

Tre tornei disputati (per un bilancio complessivo di 5 vittorie e 3 sconfitte), 32 giorni in isolamento (alcuni dei quali trascorsi interamente in una camera d'albergo, altri giocando un po’ a tennis), 14 giorni senza limitazioni, 135 chili di bagaglio (per tre persone), un puzzle da 1’000 pezzi terminato, 4 libri letti. Si può riassumere con queste cifre il mese e mezzo trascorso in Australia da Belinda Bencic, già giunta in Qatar.

La finale di Adelaide (persa 6-2 6-2 contro la polacca Iga Swiatek) culmine di complessivamente cinque vittorie e tre sconfitte: quale bilancio trarre dalla lunga tournée australiana, con tanto di quarantena? Ne è valsa la pena? «Difficile da dire - spiega la sangallese -. L’isolamento non ha giovato, né ha reso le cose più semplici, ma perlomeno si è giocato. La mia preparazione di inizio stagione era stata ottimale, ma è come se l’avessi vanificata. A Melbourne non ho giocato bene, benché abbia vinto due partite. Tutto sommato il mio è stato un percorso accettabile. Ho tratto il meglio da una situazione complicata. Ribadisco, non è andata così male ma non posso certo ritenermi del tutto soddisfatto da un terzo turno in uno Slam. Non è la mia prima partecipazione, un po’ di frustrazione c’è. Ma adesso ho voglia di guardare avanti».

Quella di Adelaide è stata una settimana positiva, esito a parte. «Della finale sono delusa, ma nel complesso è stata una buona settimana. Abbiamo lavorato bene, se penso al modo in cui avevo giocato a Melbourne. Mi sento meglio, sul campo. Voglio sfruttare questo momento come trampolino in direzione dei prossimi tornei».

Solida mentalmente

Le partite combattute le ha vinte tutte. A riprova di un mentale ben registrato. «Mi reputo solida, da questo punto di vista, anche se a volte, a giudicare dalle sconfitte, non si direbbe. È un aspetto sul quale bisogna lavorare, ma lo si può fare solo in partita, non in allenamento. Più finali, semifinali o quarti di finale combattuti vinco, migliore diventa la tenuta mentale. Ho fame di partite, stavo giocando bene e vorrei proseguire lungo questo filone. Per contro, quando esci sempre al primo turno, vorresti tornartene a casa e non più giocare. A volte prendersi una pausa può fare bene, ma adesso che le cose funzionano e in campo mi diverto, non penso certo a fermarmi, anzi. Ho sofferto in ogni partita, ma ne sono uscita più forte. Inoltre, mica posso tornarmene a casa (ride, ndr)».

La stagione prosegue a Doha. «Esordisco oggi. Spero che vada tutto bene perché tra poco c’è il “1000 di Dubai. Poi mi focalizzerò sul torneo di Miami, anche quello un “1000”. In seguito ci sarebbe dovuto essere la fase finale della Billie Jean King Cups (l’ex Fed Cup), ma è stata rinviata. Ancora non so bene con precisione come andrà dopo Miami, ma di certo si passerà alla terra e giocherò a Stoccarda».

‘Mi mancano i miei cani’

Ne passerà di tempo, prima di fare ritorno in Svizzera. «Era previsto. Sono partita il 27 dicembre, non vi farò ritorno prima di aprile. È dura, sì, ma al momento, con restrizioni e quarantene, non è poi così facile pianificare un fugace ritorno a casa».

Cosa le manca di più di casa? «I miei cani. E l’ovomaltina. Calda o fredda che sia. Anche la neve, sciare. Non lo faccio da così tanto tempo. Ma sono stata talmente tanto a casa lo scorso anno, che di certo non mi posso lamentare».

Come giudica il momento del tennis femminile? «Difficile esprimere un giudizio su quanto forti siano le tenniste di oggi. Ogni era ha le sue protagoniste. In campo femminile non ci sono solo tre giocatrici che dominano per un intero secolo (ride, ndr). Prima di un torneo ho l’impressione che lo possa vincere chiunque. Difficile azzeccare un pronostico. Nel complesso, il tennis femminile ha fatto enormi passi avanti. Anche grazie ai progressi fatti da molte giocatrici giovani che già lottano per le posizioni di vertice».

Ad Adelaide c’era il pubblico, sugli spalti. Verosimilmente, però, i prossimi tornei saranno a porte chiuse. «La presenza degli spettatori è sinonimo di emozioni. Lo scorso anno non ho giocato molto. A Melbourne ho disputato due incontri con il pubblico, il terzo però senza: che brutta sensazione. MI ha stupìto quanto ci si sentisse soli, l’atmosfera era completamente diversa, surreale. Ad Adelaide ho ritrovato un po’ di normalità. È stato bello, l’ho apprezzato moto. Quando giochi senza spettatori senti che c’è qualcosa di sbagliato».

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