Sportellate

Barbados, Grenada e i legislatori ubriachi

Andava in scena trent'anni fa, a causa di regole concepite nel peggiore dei modi, la partita più folle della storia del calcio

25 gennaio 2024
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Nello sport, quando si introducono nuove regole, si presume venga fatto per apportare un miglioramento a qualcosa che – non più funzionando come dovrebbe – sta in qualche modo arrecando danno a qualcuno.

Parlando di calcio, i meno giovani ricorderanno ad esempio i benefici portati nel 1970 dalla norma che consente di effettuare avvicendamenti fra giocatori. Idem per l’introduzione dell’articolo che vieta al portiere di raccogliere con le mani la sfera passatagli coi piedi da un compagno, che ha eliminato l’insopportabile melina a cui spesso si riducevano molte partite non appena una squadra riusciva a passare in vantaggio.

Erano, in quel caso, i primi anni Novanta, epoca che purtroppo per il mondo del pallone non fu foriera soltanto di migliorie. Figlie di quel tempo, infatti, furono pure le scellerate regole del golden e del silver goal, fortunatamente abbandonate al più presto. In quella frenetica corsa all’innovazione ci fu comunque chi riuscì a fare addirittura peggio, con risultati che definire tragici sarebbe un eufemismo.

Parliamo degli organizzatori della Coppa dei Caraibi – l’equivalente del Campionato europeo della Concacaf – che per l’edizione del 1994 ebbero la sciagurata idea di impedire che gli incontri potessero terminare in parità, e che dunque si procedesse con supplementari ed eventualmente rigori già dalla fase di qualificazione. Fin qui nulla di troppo rivoluzionario, è vero, ma il problema è che, in caso di gol nei prolungamenti, il punto segnato non solo avrebbe posto fine alla partita (il golden goal citato prima), ma – non si sa perché – sarebbe pure valso doppio.

Il caso volle che, nell’ultimo impegno delle eliminazioni, la Nazionale delle Barbados – per qualificarsi – si ritrovò a dover battere Grenada con almeno due gol di scarto. E ci stava pure riuscendo, era in vantaggio 2-0, quando all’83’ subì il 2-1. Doveva dunque, per riacciuffare il pass, segnare un’altra rete. E per qualche minuto ci provò anche, ma poi capì che sarebbe stato più facile e più vantaggioso se il nuovo gol lo avesse segnato nella propria porta invece che in quella avversaria!

Il 2-2, infatti, avrebbe portato le squadre ai supplementari, dove ci sarebbe stato più tempo per cercare il 3-2 che avrebbe posto fine al match e che, appunto valendo doppio, sarebbe stato in realtà un 4-2, proprio ciò che serviva come detto per accedere alla fase finale.

All’87’, dunque, andò in scena davvero qualcosa di grottesco: il difensore barbadiano Sealy e il suo portiere Stout inscenarono la più clamorosa delle autoreti, che portò le squadre sul due pari. Gli ultimi minuti di gioco furono dunque quanto di più paradossale si sia mai visto su un campo di calcio, perché a quel punto i giocatori delle Barbados furono costretti – ci crediate o meno – a difendere entrambe le porte, perché sarebbero stati eliminati sia subendo il 2-3, sia segnando il 3-2: dovevano quindi evitare che anche i loro avversari riuscissero a farsi apposta un’autorete.

Ciò che si vide fu qualcosa di paradossale, illogico, incongruente: del tutto contrario alla natura stessa del gioco. E tutto ciò, per colpa di quattro geniacci che, spinti dalla fregola di dover per forza introdurre regole innovative – tendenza come detto assai in voga nell’ultimo decennio del secolo passato – non si erano accorti che stavano in realtà per combinarla grossissima.

A siglare il golden goal in quello che passerà alla storia come il match più folle della storia del calcio fu proprio un barbadiano – Trevor Thorne – per la gioia del suo allenatore, che ebbe il lampo di genio per sfruttare al meglio il delirio etilico in cui erano caduti gli organizzatori.

All’altro Ct, il grenadino James Clarkson, toccò invece incassare la peggiore delle beffe. «Mi sento ingannato», disse poi, «chi ha partorito questo regolamento dovrebbe stare in manicomio. I miei giocatori non sapevano più in che direzione attaccare, quando invece si suppone che nel calcio si debba puntare la porta avversaria». Accadde, come detto, esattamente trent’anni fa.

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