CALCIO

Svizzera, la difesa ha un problema

Non ha mai subito così tante reti (1,83 a partita) nei sette anni di gestione di Vladimir Petkovic. E sabato contro la Spagna non può più sbagliare

12 novembre 2020
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In seno alla Nazionale c'è una statistica che fa suonare un campanello d'allarme. Ed è quella delle reti subite. Nei sette anni di gestione di Valdimir Petkovic, la Svizzera non ha mai incassato tante reti come in questo 2020: sei partite, undici reti, per una media di 1,88 a partita, che scenderebbe a 1,37 nel caso in cui gli elvetici proponessero due “clean sheet” contro Spagna e Ucraina. Anche nel caso in cui dovesse riuscire ad abbassare la saracinesca nelle ultime due sfide dell'anno, 1,37 reti a partita rappresenterebbero una media sensibilmente più elevata rispetto all'1,0 del 2014 (5 partite 5 gol) e del 2015 (10 partite 10 gol) e allo 0,44 (media più bassa) del 2017. I numeri lo dicono in modo chiaro: la Svizzera ha un problema nella sua fase difensiva. Imputata principale, una filosofia di gioco che spinge la squadra a pressare gli avversari il più alto possibile, ciò che apre inevitabilmente varchi importanti alla controffensiva. Ma più ancora della tattica, in questi ultimi mesi sono stati determinanti gli errori individuali. Sommer in Ucraina e in Spagna, Schär in Germania, Benito in Belgio sono stati tutti protagonisti di indecisioni per le quali la squadra ha sistematicamente dovuto passare alla cassa. Vladimir Petkovic ha ammesso il problema, affermando che questi errori devono essere eliminati, ma tra il dire e il fare...

Il fatto che la Svizzera cerchi in maniera quasi eccessiva l'uscita palla al piede dalla zona difensiva, comporta un fattore di rischio nell'impostazione che deve essere messo in linea di conto. Perché se, quando pressati, i giocatori elvetici perdono palla (all'immagine del passaggio di Benito che a Lovanio è costato il gol del pareggio di Batshuayi), lo fanno in una zona estremamente pericolosa del campo. Un rischio che Petkovic è disposto a correre, in quanto il santo sembra valere la candela. Il calcio “palla lunga e pedalare” non ha un futuro, è chiaro a tutti e la capacità di imporre il proprio gioco anche contro avversari quotati come Germania, Spagna o Belgio rappresenta la conditio sine qua non per puntare a un successo. Ma è altresì vero che la circolazione di palla dovrebbe essere un'impostazione caldeggiata e non un obbligo. Vi sono occasioni nelle quali anche le palle lunghe possono essere utili, sia come metodo per togliersi d'impiccio, sia per provare a lanciare in profondità le punte (il gol di Mehmedi con il Belgio è nato proprio da una palla a seguire). Saper alternare renderebbe la Svizzera meno prevedibile e la esporrebbe a un minor rischio di errori.

Sabato contro la Spagna in campo scenderanno tutti i titolari e sbagliare non sarà più possibile. Pena la retrocessione nella Lega B di Nations League.

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