laR+ IL COMMENTO

Elisabeth abiterebbe a Chiasso

La ‘ministra’ Baume-Schneider non ha avuto difficoltà a rispondere (e a replicare al ‘senatore’ Chiesa)

In sintesi:
  • Il 'sistema asilo' svizzero oggi è messo sotto pressione in tutto il Paese
  • E a essere parte del problema sono anche le domande ancora inevase
Per chi non lo sapesse
(Ti-Press/F. Agosta)
7 novembre 2023
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Lei, Elisabeth Baume-Schneider, nella cittadina alla frontiera sud del Paese ci abiterebbe. Nessun problema, anzi. Difficile che all’incontro con i media, ieri, non ci scappasse anche quella domanda fatidica. Soprattutto dopo le dichiarazioni del ‘senatore’ Marco Chiesa, il quale davanti alle telecamere della Tv svizzero-tedesca se ne era uscito con un “nessuno di voi vorrebbe, oggi, vivere e abitare a Chiasso”, facendo peraltro imbufalire il sindaco chiassese (Bruno Arrigoni) e un gruppo interpartitico di giovani consiglieri comunali. A preciso interrogativo la consigliera federale in visita ai Centri federali nel Basso Mendrisiotto, invece, ha risposto che sì, “vivrei molto volentieri a Chiasso, non solo per il clima ma perché sarei ben accolta. Mio marito sarebbe molto contento, persino più di me”. A lei questa regione “appassiona”, anche se rappresenta il primo approdo in terra elvetica per i richiedenti l’asilo che bussano alla porta della nostra democrazia.

La ‘ministra’ non nega che la situazione (logistica, in primis) sia tesa, e in tutta la Svizzera. E capisce bene le preoccupazioni delle autorità locali e della popolazione; la quale continua comunque a mostrarsi solidale. Nonostante tutto, nonostante i numeri (che pesano sui tre Comuni sede delle strutture federali). E checché ne dica una certa politica. Il Mendrisiotto, insomma, non è stato lasciato solo e Berna è meno lontana di quanto sembra: parola della consigliera federale. Anche perché non è solo la regione d’asilo a cui appartiene il Ticino a veder messa a dura prova (per dirla con il presidente del governo Raffaele De Rosa) la sua capacità d’accoglienza (d’altro canto, storica). Lo si è visto a Boudry, sede di un Centro federale d’asilo, dove si sono rinforzate (come previsto ora anche a sud) le misure di sicurezza, o a Samen (Canton Obvaldo), dove si è registrata una rissa tra richiedenti.

È un dato di fatto: il ‘sistema asilo’ svizzero è messo sotto pressione. Del resto, “non si poteva anticipare né l’aumento delle domande d’asilo, né la guerra in Ucraina”, ha ricordato Baume-Schneider. Sommati i due fattori, il risultato lo si è visto. Ergo: “Il sistema non ha funzionato come avremmo sperato”, ha ammesso sollecitata da ‘laRegione’. Anche se quel sistema resta il più ammirato in Europa per la sua capacità di assolvere alla procedura, sebbene non più così celermente come auspicato. Si spiega così, insomma, la difficoltà di “trovare delle risposte efficienti, rapide e convincenti”. Del resto, in giacenza ora vi sono circa 15mila domande d’asilo ancora da trattare. Il che si riverbera poi pure sui problemi di alloggio nelle strutture e nella coabitazione con le comunità locali.

Per la società civile determinata, proprio qui nel Mendrisiotto, a essere parte del dibattito sulla politica d’asilo e pronta a dare una mano a favore di migliori condizioni di vita all’interno delle strutture federali, sarebbe bene dare un occhio anche oltre i cancelli dei Centri e non solo al di fuori. Le condizioni d’alloggio? “Modeste”, ha annotato la ‘ministra’ a fronte di infrastrutture vetuste e adeguate alla bisogna. D’altro canto, rifiutati i container, ha fatto notare, tocca adattarsi. La situazione, ha assicurato, migliorerà con la futura nuova struttura di Pasture, pronta a giugno. A questo punto ci sperano tutti (anche i richiedenti l’asilo).

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