laR+ IL COMMENTO

L'ultimo tango di Alain Berset

Il consigliere federale in uscita ha perso l'occasione di dire ciò che andrebbe detto: l'attuale paradigma sanitario è al capolinea e va riformato

In sintesi:
  • Un aspetto della teoria marxiana forse può esserci di aiuto
  • L’invecchiamento della popolazione è una tendenza a breve-medio termine inarrestabile
  • Rivedere il modello non è più una questione partitica ma di buonsenso e assolutamente urgente
(Keystone)
27 settembre 2023
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C’è un aspetto della teoria marxiana che forse può esserci di aiuto. Non per vaticinare l’inesorabile declino del capitalismo, ma per provare a comprendere certe dinamiche del sistema sanitario svizzero. Diceva Marx che la storia evolve attraverso l’interazione (dialettica) di due entità concettuali: l’insieme delle forze produttive della società – ossia la somma delle conoscenze e delle capacità di uomini e donne, riassumibile (volendo semplificare) come il grado di avanzamento della tecnologia – mediate dai rapporti sociali di produzione che si stabiliscono durante tali processi produttivi. Per il materialismo storico i rapporti di produzione, durante un certo lasso di tempo, fungono da supporto e addirittura favoriscono lo sviluppo delle forze produttive. Succede ciò finché a un certo punto il raggiungimento di un determinato grado di evoluzione tecnica porta alla negazione (in termini filosofici) dei rapporti sociali grazie ai quali tale sviluppo avveniva. Quei rapporti smettono quindi di essere uno stimolo e si trasformano in un blocco. Blocco che implica la necessità di una trasformazione, anche radicale, di una determinata struttura.

Veniamo alla sanità. Il progresso scientifico in ambito medico e farmaceutico negli ultimi decenni ha, tra le varie cose, portato a un notevole allungamento dell’aspettativa di vita. Un progresso che è stato possibile anche grazie alle ingenti risorse a disposizione della ricerca in questi settori. Le implicazioni a livello demografico sono note: l’invecchiamento della popolazione è una tendenza a breve-medio termine inarrestabile. Un’evoluzione che determina un aumento anche inarrestabile della spesa sanitaria in Svizzera e contro il quale non ci sono cerotti che tengano. Ancora meno se a dover prendere delle decisioni in materia è un parlamento in cui a prevalere sono le potenti lobby dell’industria sanitaria.

Ieri di fronte alla stampa, in quello che è stato il suo ultimo ‘tango’ da ministro della Sanità, Alain Berset ha perso l’occasione di dire ciò che andrebbe detto: l’assicurazione (sociale) malattia va ripensata. Va ripensata perché di questo passo la legge entrata in vigore il 1° gennaio 1996, che sancisce l’obbligo assicurativo in Svizzera e che mira a garantire l’accesso alle cure medico-sanitarie a tutta la popolazione residente, rischia di venire meno al suo scopo. In particolare il ceto medio-basso, di fronte ai costanti aumenti dei premi (per il 2024 l’incremento medio in Svizzera sarà di un mostruoso 8,7%, con il Ticino in cima alla classifica dell’orrore con un più 10,5%), si trova costretto a rinunciare alla prevenzione e ricorre alle cure soltanto in caso di urgenza. Per non parlare dei Cantoni dalle finanze indebolite – con o senza Decreto Morisoli – che si vedono obbligati a sussidiare i premi di un numero sempre crescente di cittadini.

Che i tempi siano maturi (termine caro ai marxisti di una volta) per una profonda revisione dell’attuale paradigma sanitario lo dimostra per esempio il fatto che il recente postulato del consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri con cui è tornato a chiedere al Consiglio federale di valutare la creazione di una cassa malati unica e pubblica, ha raccolto parecchi consensi, in Ticino e non solo, a destra e non solo; oltre ad andare nella direzione auspicata da tempo a sinistra. Ergo, non è più una questione partitica ma di buon senso e assolutamente urgente: il modello è al capolinea e va riformato. Alla radice.

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