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Se il Canton Lugano alza la voce

Il sindaco di Lugano Michele Foletti invoca un riforma della perequazione intercomunale. Ma occhio alla direzione: da evitare una svolta troppo liberista

In sintesi:
  • Il motore economico del cantone chiede di ripensare la solidarietà finanziaria fra Comuni
  • Sullo sfondo delle rivendicazioni, anche la difesa delle proprie peculiarità
  • La richiesta è legittima, ma attenzione a evitare proposte troppo neoliberiste che accentuerebbero il divario fra ricchi e poveri
Relazioni non sempre idilliache fra Palazzo delle Orsoline e Palazzo Civico
(Ti-Press)
31 agosto 2023
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È durata meno di cinque anni, dal 1798 al 1803, l’esperienza del Canton Lugano, una delle due entità amministrative nelle quali i francesi divisero quello che oggi è il Ticino. L’altra era il Canton Bellinzona. Un lustro inghiottito poi dall’Atto di Mediazione e segnato da un’instabilità cronica. Nel 1801 nella Turrita fu convocata una piccola Dieta allo scopo di studiare la fusione fra le due regioni ma “insanabili divergenze interne”, ci informa il Dizionario storico svizzero, gambizzarono l’ipotesi. La rivalità è poi proseguita anche quando il Ticino venne costituito, tant’è che fino al 1878 le due città – con Locarno a un certo punto a far da terza incomoda – litigarono per l’assegnazione della capitale cantonale, che infatti ogni sei anni cambiava sede. Il ‘Cenerigraben’ si è tutt’altro che affievolito nel Novecento, rinvigorendosi anzi da un punto di vista politico e socioeconomico.

Fra campanilismi e motore economico

Arriviamo al 2023. Michele Foletti ribadisce i motivi per i quali la perequazione intercomunale va riformata, in maniera incisiva. Il principio della solidarietà fra Comuni ricchi e paganti e altri poveri e dunque beneficiari, ammette il sindaco di Lugano, “è corretto”. Ma la Città “paga troppo”. D’altra parte, si parla del motore economico ticinese. Lugano offre più del doppio dei posti di lavoro di Bellinzona (56’500 contro 27’500) e ha quasi il triplo delle aziende della capitale (10’100 contro 3’600). In generale, il Sottoceneri doppia i sei distretti sopracenerini: 157’000 posti di lavoro e 25’500 aziende a Sud, 82’000 posti di lavoro e 14’000 aziende a Nord. Anche fiscalmente la bilancia è ampiamente a favore di Lugano, tant’è che regolarmente le dimensioni del gettito cittadino vengono paragonate a quelle di alcuni piccoli Cantoni svizzero-tedeschi.

Riformare il sistema, ma come?

Quella che a una prima lettura potrebbe sembrare una di quelle rivendicazioni turboleghiste in chiave iperlocale, destinata a schiantarsi contro il muro delle proprie contraddizioni, in realtà ha dunque basi solide. E soprattutto un consenso più trasversale di quanto si creda. Invocare una riforma del sistema è legittimo. Ma fino a che punto è possibile senza mettere a rischio il principio della solidarietà? Foletti alcune proposte le fa e sulla carta appaiono sensate, ma qualche timore le suscitano anche. L’intellighenzia di riferimento è Avenir Suisse – non esattamente di impronta sociale –; non ci rassicura, considerando che si parla di ridistribuzione della ricchezza: una colonna del sistema federalista. Accorgimenti per ammodernare il meccanismo sono un conto, fughe in avanti d’impronta liberista che accentuerebbero il divario sono un altro e sono da evitare.

Sullo sfondo, la battaglia per Palazzo di giustizia

Dalle riflessioni del sindaco tuttavia emerge la consapevolezza che la situazione difficilmente si sbloccherà più di quel tanto a favore di Lugano e degli altri Comuni paganti. Fra le righe, il messaggio sembra più squisitamente politico. La battaglia – che “non abbiamo intenzione di lasciar cadere” – per una perequazione più ‘equa’, accompagnata dalla puntualizzazione sull’accentramento della ricerca a Bellinzona, sembra celare un’implicita difesa della Lugano capitale giuridica, in una fase molto delicata per il futuro del Palazzo di giustizia. Il calcio è stato sferrato, la palla passa a Palazzo delle Orsoline. L’avvertimento è chiaro: il malcontento a Lugano e nel Sottoceneri sta crescendo. “Attenzione a non tirare troppo la corda”. Ma occhio alla pace sociale.

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