laR+ IL COMMENTO

Milei, Churchill e quei giovani tutti a destra

Ciò che colpisce è il fatto che uno dei segmenti più attratto dalla figura dell’economista argentino sia quello dei ragazzi sotto i 25 anni

In sintesi:
  • La vittoria di Milei è sintomo del profondo rifiuto del popolo argentino per la classe politica tradizionale
  • Questo nuovo prodotto della destra più reazionaria ha le sue particolarità
  • Il suo discorso dirompente fa facilmente breccia in ampi settori dell’elettorato di un Paese devastato
Javier Milei celebra il suo trionfo alle primarie
(Keystone)
16 agosto 2023
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Metti in un frullatore un po’ di Trump, un pizzico di Meloni, qualcosa di Bolsonaro, un tocco di Bukele, mescola tutto, lascialo condensare, porta quel che ne risulta in Argentina e fallo lievitare nella Pampa umida. Ciò che otterrai si chiama Javier Milei, l’outsider dell’estrema destra vincitore alle elezioni primarie svolte domenica scorsa nella terra di “Diego e Lionel”. Una vittoria in parte inattesa, sintomo del profondo rifiuto del popolo argentino per la classe politica tradizionale, quella che negli ultimi quarant’anni è stata incapace di garantire al Paese un progetto di sviluppo omogeneo. Una “casta inutile e ladra che ha rovinato l’Argentina”, dice Milei senza troppi peli sulla lingua. Questo nuovo prodotto della destra più reazionaria ha le sue particolarità, in parte già viste altrove: coniuga una visione ultra-liberale dell’economia con una concezione ultra-conservatrice della società, propone di dollarizzare l’economia e smantellare la Banca centrale, abolire l’educazione e la salute pubblica, liberalizzare la vendita di organi, vietare l’aborto. Dice di aver ricevuto un incarico direttamente da Dio per “rimettere in piedi” l’Argentina.

Chiaro che il discorso dirompente di Milei fa facilmente breccia in ampi settori dell’elettorato di un Paese devastato dall’inflazione (per l’anno in corso si prevede un rincaro dei prezzi al consumo superiore al 100%), dove circa la metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà e in cui l’insicurezza è moneta corrente (nei giorni precedenti alle primarie ci sono stati tre omicidi durante altrettante rapine, tra cui quello di una bambina undicenne che è stata trascinata da una banda di scippatori in moto per rubarle lo zaino mentre stava andando a scuola).

Ciò che colpisce però, e invita a una riflessione più attenta, è il fatto che uno dei segmenti della popolazione più attratto dalla figura dell’economista argentino candidato alla presidenza sia quello dei giovani sotto i 25 anni, sia quelli delle classi urbane più agiate, sia quelli dei quartieri più poveri della periferia. Questo fenomeno non è esclusivamente argentino, anzi è già stato osservato in altri Paesi dell’America Latina e anche in Europa. La crescente individualizzazione estrema di ogni ambito della vita, insieme alla disaffezione dalla politica in generale, sembra portare le giovani generazioni a nutrire una totale sfiducia nei confronti dei valori delle democrazie liberali sorte dalle macerie della Seconda guerra mondiale. Il merito personale quale valore assoluto, diverse forme di egocentrismo esacerbate dai social media, xenofobia, bullismo: tutte caratteristiche spesso presenti nelle società di oggi, che rendono appunto i giovani facili prede di certi discorsi semplicistici. Discorsi, tra l’altro, noti anche alle nostre latitudini.

Si sbagliava quindi Winston Churchill, quando diceva che “chi non è di sinistra da giovane è senza cuore, ma chi non è di destra da vecchio è senza cervello”? O sarà che i termini del suo assioma vengono ora rovesciati da un contesto piuttosto ostile per chi deve affacciarsi sul mondo del lavoro? Fatto sta che la profonda crisi delle istituzioni liberal-democratiche rende sempre più anacronistica la visione di un mondo sorretto dalla giustizia sociale e dalle pari opportunità. E questo è fonte di enorme preoccupazione, ovunque accada.

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