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La fiducia nella scienza e la credibilità degli scienziati

“Bene o male le persone si fidano della scienza, ma molti non si fidano degli scienziati, ed è difficile dar loro torto” scrive Warren, editor di Science

Non tutti sono Einstein
11 marzo 2022
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Vi ricordate lo studio di un’università statunitense sull’efficacia dei vari tipi di mascherine, con risultati mediocri per quelle in tessuto e un effetto addirittura controproducente per scaldacollo e bandana? Eravamo nell’estate del 2020, in Svizzera la mascherina era stata da poco resa obbligatoria sui mezzi pubblici e l’efficacia delle varie soluzioni disponibili era un argomento di discussione molto sentito. Scoprire che il problema aveva finalmente trovato una risposta definitiva, che la scienza si era espressa con tanto di classifica era stato un sollievo per molti e questo spiega la popolarità che ha avuto questa ricerca, ripresa da diversi media.

Purtroppo c’è un problema in questa ricostruzione e non riguarda (solo) l’efficacia delle mascherine fai-da-te ma la fiducia nella scienza o, guardando la questione da un altro punto di vista, la credibilità di scienziati e ricercatori. A spiegare il problema è, nell’editoriale di ‘Science Advances’ del 9 marzo, Warren S. Warren, editor della rivista e uno degli autori di quella ricerca sull’efficacia delle mascherine. O meglio su un dispositivo facile da realizzare per misurare l’efficacia delle mascherine, come indicato abbastanza chiaramente già nel titolo. La famosa classifica con tanto di percentuali (le Ffp2 bloccano il 99,9% dei droplet, le mascherine in cotone il 60% eccetera) era semplicemente il risultato di un test condotto su pochi soggetti, ottenendo quindi dati interessanti ma tutt’altro che definitivi.

La ricerca scientifica, osserva Warren, ha un’incertezza di fondo, lavora su livelli di affidabilità che variano da disciplina a disciplina e da ricerca a ricerca e che lasciano, in attesa di nuove indagini, un margine più o meno grande a correzioni o precisazioni. Ma quando la ricerca scientifica arriva al grande pubblico questi margini di incertezza vengono appiattiti in una risposta secca, in un semplice sì/no.

Tuttavia Warren non è l’ennesimo scienziato che si lamenta del cattivo lavoro dei giornalisti (anche perché nel caso delle mascherine parte della responsabilità è dell’ufficio stampa della Duke University). Il tema del suo editoriale è un altro, ben più importante: la fiducia nella scienza. "Bene o male le persone si fidano della scienza, ma molti non si fidano degli scienziati" scrive, aggiungendo che "è difficile dare loro torto". Perché come dimostra il caso delle mascherine – ma Warren fa anche altri esempi, come i complessi e molteplici scenari sul riscaldamento globale che diventano precise previsioni – è rischioso ridurre un’ipotesi provvisoria in una risposta sì/no e sigillarla con un ‘the science is settled’, la scienza si è pronunciata. Perché quando quella risposta secca – che in realtà era un’ipotesi provvisoria – cambia perché abbiamo a disposizione nuovi dati e nuove ricerche, gli scienziati perdono di credibilità. A questo dobbiamo poi aggiungere interessi economici e politici e anche la perdita di credibilità dei media tradizionali e digitali che, pur come visto in maniera imperfetta, sono il canale con cui molta ricerca scientifica arriva al grande pubblico.

Una soluzione semplice non c’è, ma un primo passo è – Warren parla ai ricercatori, ma certamente il messaggio non si limita a loro – sforzarsi di affrontare l’incertezza, senza nasconderla temendo che l’incertezza diventi una scusa per l’inazione, aprirsi alla discussione e alla critica guardando gli argomenti portati da chi ha altre opinioni, senza chiudere loro la porta in faccia con l’accusa di "non credere alla scienza".

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