Commento

Cominciò così, in Europa

Ci vuole una buona dose di ottimismo per sottintendere soddisfazione osservando che i nazionalisti sono sì cresciuti, ma “non hanno sfondato”

28 maggio 2019
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Ci vuole una buona dose di ottimismo per sottintendere soddisfazione osservando che i nazionalisti sono sì cresciuti nelle elezioni europee, ma “non hanno sfondato”. Sarà che tre generazioni scarse sono bastate a far dimenticare che un’Europa allora in macerie si ripromise di non dare più credito e spazio politico ai programmi e agli slogan rinverdendo i quali, oggi, l’estrema destra si è presa una buona fetta del suo parlamento. La democrazia è anche questo: il solo sistema politico che alberga in sé i propri nemici, garantendo per loro.

E se pure non si può pretendere che tutti gli elettori ne siano avveduti (quasi mai si ha coscienza del posto che si prenderà nella storia) è inevitabile, scrivendone, evocare gli anni successivi alla prima guerra mondiale per trovare una situazione politica analogamente caotica e preda di demagoghi spregiudicati.

È vero: in alcuni Paesi l’estrema destra è persino rimasta al di sotto delle previsioni; ma basterebbero i casi francese e italiano per sconsigliare sollievo, mentre il plebiscito ottenuto da Orbán in Ungheria conferma che quando si fa regime questa destra è in grado di azzerare, o quasi, voci e forze alternative.

Il fatto è che proprio queste forze violentemente nazionaliste, xenofobe e intolleranti, reclamano per sé stesse il ruolo di alternativa a una politica europea (se non alla stessa idea di Unione) e sono riuscite ad accreditarsi come tali presso milioni di votanti. Di fronte a loro avevano in effetti solo debolissimi portanome (con Angela Merkel ormai disinteressata) delle cosiddette “grandi famiglie politiche”, la democristiana e la socialdemocratica, che nel bene e nel male hanno retto l’Europa dal dopoguerra garantendo welfare e livelli di crescita mai conosciuti prima.

E se questi ultimi elementi favorirono la coesione e la condivisione di un progetto comune, dalla loro rimessa in discussione – a causa della crisi economica ma soprattutto del prevalere di un indirizzo politico preciso – è disceso il rifiuto delle forze che lo avevano proposto e sostenuto. Senza trascurare, avvertono gli analisti più attenti, che un elemento formidabile di coesione è stato per decenni il cosiddetto “pericolo rosso”, caduto il quale l’orizzonte comune si è rivelato essere solo una paura condivisa, lasciando campo libero al ‘prima i nostri’. Il paradosso è casomai che se c’è una sirena dalla quale volentieri si fanno irretire le nuove destre estreme è proprio quella che si reclama erede della grandezza storica della Russia.

Tutto questo non spiega ancora come figure quali Salvini, Le Pen, Farage e i loro sodali abbiano potuto risultare credibili. Sommariamente si potrebbe dire che maggiore non fu lo spessore dei due che negli anni Trenta si presero l’Europa e la mandarono all’inferno.

Catastrofismo? Ossessione a-storica? Chi lo obietta ricordi che ‘allora’, lo sgretolarsi di un sistema, sullo sfondo di una crisi economica e sociale profondissima, pose le condizioni per l’affermarsi di movimenti e di mezzi falliti fino a elevarli a padroni del tempo, loro e di un continente intero. Questa volta non andrà così, ma così era cominciata. Meglio saperlo.

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