alla finestra

Un piccolo Gay Pride, un grande balzo (per un leghista)

Ne è passato (poco) di tempo dal “no” di Bignasca a un aperitivo gay, ora si fa in grande. Ok, purché non sia solo un calcolo acritico su presenze e indotto...

17 aprile 2018
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Disorientati dal mondo che gira attorno a noi, capita di cercare riparo in riflessioni elementari, tipo “bah, il tempo passa in fretta”. Ma non sai se la vox populi ti offra un rifugio o ti abbandoni a te stesso. Nella Lugano liberal-leghista di questo inizio di secolo si è passati in pochi anni da un “Uella, no!” a un discreto aperitivo gay in un bar posto nella via e nel palazzo sbagliati, a un Gay Pride in grande stile, comprensivo di “sfilata” sul lungolago. Messa così, un piccolo passo per l’umanità, ma un grande balzo per un leghista.

Certo, come sostiene chi ama le diversità, “il mondo è bello perché vario”. E ognuno è libero di difendere, non apprezzare o trovare irrilevante questa novità. Chi ha assistito a Gay Pride ben più grandi e colorati di quello atteso a Lugano, si sarà magari posto qualche domanda sul senso e l’originalità della “sfilata”, in cui spesso il valore delle diversità pare ridursi a fatto flocloristico, se non a luogo d’incontro per esibizionisti e guardoni. Fatto sta, si può essere d’accordo, contrari o indifferenti. La sola motivazione al Gay Pride a lasciare perplessi è quella del municipale secondo cui, al di là di tutto, non costerà nulla e porterà gente in città.

Lo si difenda sul piano ideologico-politico. Si dica che rientra in una visione sul futuro della città, la sua immagine e il suo turismo. Che lo si fa per far scaldare i ppd. Ok. Purché sia una scelta. Ma ridurla a una statistica su costi/presenze/indotto sa un po’ di fiera, o “parata”, dei diversi.

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