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Il cancro e l’oblio che non c’è (ancora)

Ex pazienti e rischio discriminazioni: il diritto a non informare di una patologia oncologica pregressa è legge in vari Paesi, ma non in Svizzera

Ex pazienti e rischio discriminazioni: il diritto a non informare di una patologia oncologica pregressa è legge in vari Paesi, ma non in Svizzera

20 marzo 2024
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Ogni anno in Svizzera più di quarantacinquemila persone si ammalano di cancro. La cifra è in aumento. Ma in crescita è pure il numero di persone sopravvissute alla malattia, complice (tra vari fattori) lo sviluppo di nuove e più efficaci terapie: stando ai dati più recenti riferiti al 2022, la Lega contro il cancro ritiene che attualmente siano circa 450mila e «si stima saranno mezzo milione nel 2030», ci dice Stefanie de Borba (responsabile media Lega svizzera contro il cancro). In inglese sono definiti ‘cancer survivor’, in italiano si parla in generale di ‘ex pazienti’. Un’espressione che può rimanere appiccicata addosso per tutta la vita, come una di quelle etichette difficili da scollare da un vasetto. Per far sì che quel cartellino – con ‘ex’ a indicare sì una negazione, ma ‘paziente’ a rimandare comunque alla malattia – a un certo punto possa venire tolto di dosso, in alcune nazioni è stata introdotta una legge che garantisce il diritto all’oblio oncologico. Non così in Svizzera, dove al momento non esistono normative in tal senso.

Nonostante nel nostro Paese non vi siano nemmeno delle indicazioni di riferimento, è un tema al quale la Lega svizzera contro il cancro si dice sensibile. «Siamo favorevoli a che venga adottato un ordinamento per il diritto all’oblio – afferma Stefanie de Borba –. Siamo convinti che chi ha avuto un cancro non debba venire discriminato per il solo fatto di essersi ammalato. Abbiamo discusso su quali siano i passi da adottare a livello politico, al fine di capire se ed eventualmente come si possa arrivare a una norma. Prima di tutto è necessario appurare se esistano casi in cui qualcuno sia penalizzato in quanto ex malato». Se così si dimostrasse essere, «riteniamo che si dovrebbe agire con una certa celerità».

Da un primo giro di orizzonte condotto in collaborazione con leghe cancro regionali e cantonali, esperti, altre associazioni che operano in questo campo, politici, non si è avuta notizia di situazioni del genere. «Però attenzione: ciò non significa che in realtà non ve ne siano. Potrebbe solo voler dire che noi non ne siamo venuti al corrente; oppure, poiché fino a oggi in Svizzera del diritto all’oblio oncologico non s’è parlato più di tanto, che chi in qualche modo non abbia avuto accesso a qualcosa in quanto ex paziente, non l’abbia riconosciuta come discriminazione; o che semplicemente non se ne sia lamentato». Inoltre – aggiunge de Borba – sul fatto che nessuno si sia rivolto alla Lega cancro per segnalare un problema in questo ambito, potrebbe incidere la tipologia di «chi ci interpella, in prevalenza composta da persone con una diagnosti in età un po’ più avanzata»; quando molte circostanze della vita sono già consolidate.

In questo panorama ‘fluido’ in assenza di regolamentazioni, casi di disparità nei confronti di un ex paziente potrebbero verificarsi («parliamo in via ipotetica») per esempio nel campo assicurativo (a. sulla vita, a. malattia complementari) o bancario (concessione di prestiti). «Se ci sono compagnie e istituti finanziari che già adottano l’oblio oncologico, lo fanno di scelta loro. Siccome ci si trova nell’ambito del diritto privato, pratiche come l’analisi del rischio sono legali. Dunque se una banca, un’azienda, una compagnia assicurativa (o altre organizzazioni) stimano che una patologia risalente a diversi anni addietro potrebbe avere un forte impatto sul pericolo di ammalarsi, cioè lo aumenta, non sono obbligate ad accettare un ex paziente come cliente. Oppure, sempre senza infrangere norme, possono decidere di erogare i propri servizi a quell’ex paziente, applicando però una tariffa maggiore». Per ciò che riguarda l’ambito professionale, come per ogni altra malattia pregressa (a eccezione delle patologie che impedirebbero di esercitare la funzione per la quale si fa domanda), nemmeno per il cancro vige l’obbligo di informare un possibile datore di lavoro. «È un diritto che vale anche nel caso in cui il datore di lavoro ponga la domanda specifica. Poi, nella pratica, non è semplice avvalersi di questo diritto; perché un rifiuto a rispondere potrebbe venire letto con sospetto o accolto male da un dirigente».

Si guarisce del tutto, in parte, mai?

Sulla difficoltà nel determinare quali possano essere le condizioni grazie alle quali si smette di essere un ex paziente, influisce il fatto che del termine ‘guarito’ è complicato dare una definizione chiara e univoca. «Spesso si abbina la guarigione al non avere più alcuna cellula cancerogena in corpo. È sicuramente un elemento fondamentale, ma gli effetti di questa malattia possono essere molteplici e protrarsi per anni, a volte per sempre, ed essere più o meno invalidanti». Astenia (condizione di debolezza generale, affaticamento e stanchezza), problemi psicologici, difficoltà psicosociali sono solo alcuni degli strascichi. «Dunque come qualificare le persone che devono convivere con uno o più postumi? Guarite? Guarite in parte? Ancora malate?». Il registro nazionale dei tumori riporta il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, lasso di tempo che funge da punto di riferimento in termini di rischio di recidiva (la cui probabilità diminuisce col passare degli anni); «altri piazzano la ‘pietra miliare’ a dieci anni dalla diagnosi».

Ticino

Tema più sentito

Terra di confine con una delle nazioni che hanno già affrontato la questione «anche su spinta dell’Unione europea», il Ticino (così come Ginevra in relazione alla Francia, dove il diritto all’oblio oncologico è stato introdotto quasi due anni prima rispetto all’Italia) «avverte l’importanza della questione in misura maggiore». Alba Masullo, direttrice della Lega cancro Ticino, ha seguito «da subito» l’iter che ha poi portato alla legge in Italia. «E sin dalle prime battute l’Associazione italiana di oncologia medica, con i pazienti che si sono confrontati con un cancro in età giovane, si erano battuti affinché non ci possano più essere preclusioni nella loro vita adulta».

Anche in Ticino (e a Ginevra), dove pure se n’è sentito parlare maggiormente rispetto ad altre parti della Svizzera, «questo rimane pur sempre un tema negletto. Finora dal mio osservatorio non ho avuto esperienza di persone che hanno portato alla nostra attenzione o denunciato situazioni di discriminazione. Mi sono anche posta la domanda di come mai, alla luce dell’ampio movimento in Italia. Una risposta può essere che, come spesso accade, quando su un argomento non sono ancora stati puntati i giusti riflettori, le persone non sono legittimate a immaginare (in questo caso) di aver subìto una penalizzazione e men che meno a rivolgersi a istanze che possono poi aiutare a portare avanti rivendicazioni, protezioni o miglioramenti legislativi. Ho proposto alla Lega cancro Svizzera che la ricezione delle eventuali segnalazioni sia messa in atto dall’organizzazione mantello nazionale. Ritengo fondamentale che debba essere fatta in maniera uniforme e con le giuste domande, con gli obiettivi di capire meglio il vissuto delle persone per poi individuare gli elementi su cui pensare e costruire i giusti passi», siano essi a livello politico, in campo assicurativo, bancario e altro ancora.

Giovani più a rischio di ingiustizie

Se è vero che chi ha un passato di malattia potrebbe venire penalizzato a qualunque età, è altrettanto vero che «differenze sono più probabili per chi si affaccia alla vita professionale. È per questa tipologia di persone, quelle con una diagnosi ricevuta da bambini o da giovani, che vedo l’importanza di arginare i diversi trattamenti. Poi certamente si può essere discriminati pure in età più avanzata ed è altrettanto fondamentale che ci sia la possibilità di portare alla luce un torto subìto in qualunque momento della propria vita». Il movimento dei giovani in Italia in favore del diritto all’oblio, «la loro spinta e la loro azione – prosegue Alba Masullo – mi hanno resa attenta e convinta del fatto che anche qui ci sia un lavoro da fare. Come Lega ticinese ma, come detto, ancor più come Lega svizzera, dobbiamo capire se nel nostro Paese ci siano situazioni analoghe a quelle esistenti in altre nazioni; e se sì, va messo in atto un processo grazie al quale sia garantita l’assenza di ingiustizie».

Prendiamo la questione della tracciabilità dello stato di salute di una persona, riflette la direttrice della Lega cancro Ticino. «È vero che in generale non si è obbligati a comunicare una malattia di cui si è sofferto, però sappiamo che questa omissione può comportare delle conseguenze (foss’anche solo in termini di fiducia). Ma, chiediamoci: perché datori di lavoro o assicuratori o chicchessia vogliono sapere se si è avuta una malattia o meno?». E Masullo si spiega. «Chi non ha mai avuto seri problemi di salute non è certo preservato dall’ammalarsi il giorno dopo aver firmato un contratto (assicurativo o di lavoro o di altra natura) o aver ottenuto un prestito bancario. In quale maniera il fatto che a ognuno possa accadere un imprevisto, è molto diverso dalla situazione di chi si è già confrontato con una complicazione di salute?». E ancora: «Perché essersi ammalati è motivo di preclusione (o di diverso trattamento)? Un cancro può significare un rischio maggiore di riammalarsi; però se entriamo nel discorso dei pericoli, allora le discriminanti sono tante: comportamenti e abitudini personali, ambiente in cui si vive e la lista è lunga». Perciò, «e lo dico da direttrice, quindi consapevole delle difficoltà gestionali quando un collaboratore si ammala: invece di restringere i campi, si dia a tutti la libertà di esistere senza pagare un conto per qualcosa che nessuno di certo ha voluto».

Di cosa si tratta

Cos’è, a chi si applica

L’Unione europea raccomanda di attuare il diritto all’oblio oncologico; che oggi è garantito dalla legge in alcuni Paesi tra cui Spagna, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Romania e, come detto sopra, Francia (febbraio 2022) e Italia (dicembre 2023).

La norma approvata da Camera e Senato italiani si applica qualora il trattamento attivo sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni dalla data della richiesta o dopo i cinque anni nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età. In particolare le persone che hanno sconfitto un tumore non saranno tenute a fornire informazioni sulla malattia pregressa per accedere a servizi finanziari (come richiesta di mutui e pratiche bancarie) e assicurativi, a procedure di concorso, al lavoro, alla formazione professionale.