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Sorvegliato speciale

Si profila sempre più all’orizzonte lo spettro dell’industrializzazione della montagna: sembra infatti che la soluzione alla crisi energetica debba passare anche dalle terre alte, che invece andrebbero tutelate. È di questi mesi la notizia di un progetto inteso all’installazione di un parco fotovoltaico nella regione del Tamaro. Pare che all’ecomostro solare si abbinerà un prolungamento della funivia e, a quanto si dice, anche la costruzione di un ristorante panoramico sul Motto Rotondo. Se questo progetto andrà in porto avverrà un ulteriore consumo di suolo in una zona tra le più suggestive del Luganese: il comparto Valle Duragno-Motto Rotondo, “sorprendentemente aspro, selvaggio e misterioso”. Si stanno assecondando progetti dove le Alpi diventano, ancora una volta, un bene di consumo travestito da sviluppo turistico, che gli amministratori locali continuano a rincorrere secondo un’insondabile logica suicida che insiste nel consumare porzioni di territorio. La conseguenza è lo sdoganamento di un turismo frettoloso, firmato e narcisista, schiavo di un meccanismo che riproduce le frenesie e le nevrosi cittadine. La montagna-salotto quale scenario per l’ennesimo selfie da postare agli amici.
La bellezza e l’utilità della natura non dovrebbero essere un patrimonio trasferibile a un unico gruppo di finanziatori, al contrario dovrebbe essere patrimonio di tutti e per tutti. Non è quindi il Motto Rotondo ad avere bisogno del turismo, è il turismo che pensa di avere bisogno del Motto Rotondo. Un ambiente che ha impiegato milioni di anni a formarsi e che rischia di essere annientato dalle ruspe in pochi mesi. Forse dovremmo imparare da quell’anziano delle Alpi bellunesi, che si fermava due metri prima della cima per non calpestare con le scarpe la chioma della vetta.

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