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Per non toccare il fondo

La tentazione di evocare la necessità di toccare il fondo con i tempi che corrono è effettivamente forte, come, forse provocatoriamente, afferma l’economista Ronny Bianchi nell’articolo apparso su ‘laRegione’ del 28 ottobre. Così come quella di rimpiangere nostalgicamente i bei tempi andati e i politici di spessore di una volta, guidati da visioni e determinazione oggigiorno svaniti come i ghiacciai a causa del surriscaldamento climatico. Ma fare politica di questi tempi è tutt’altro che facile e, forse, se i ghiacciai si stanno sciogliendo, non tutte le visioni del passato sono state così lungimiranti.

Nel post scriptum al suo articolo Bianchi menziona appena il progetto di collegamento tra la Vallemaggia e la Leventina mediante una teleferica, tacciandolo però di assurdo, tanto quanto quello dello svincolo autostradale di Sigirino. Ognuno è certo libero di pensare ciò che vuole. Ma se vi sono due problemi acuti e impellenti da risolvere nel nostro cantone, uno è quello del traffico, sotto gli occhi di tutti, l’altro, forse meno percepito, ma ancora più grave, è quello dello spopolamento delle nostre valli più periferiche che stanno letteralmente morendo. Le statistiche parlano chiaro: tra qualche anno in alcune regioni del nostro cantone, spesso con territori immensi da gestire, non vi sarà più nemmeno la possibilità di trovare il numero sufficiente di amministratori locali. Questo tema dovrebbe essere in cima alla graduatoria dei problemi di cui il nostro cantone deve occuparsi. A meno che la visione di ‘sviluppo’ sia fortemente selettiva e volta unicamente a densificare, cementificare e sfruttare all’inverosimile il ristretto fondovalle, lasciando al contempo morire non solo territori e paesaggi, ma anche storie, tradizioni e cultura.

Per questo le valli Maggia e Leventina si sono unite nel tentativo di trovare soluzioni. È stata allora approfondita la via di una rinnovata trasversalità allo scopo di rafforzare il tessuto sociale della regione della montagna. Una trasversalità già promessa da decenni ma poi rimasta sulla carta proprio per mancanza di visioni.

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’isolamento di alcune regioni, la loro lontananza rispetto ai centri urbani, costituiscono una discriminante decisiva e che anche le vie di transito classiche nord-sud hanno spesso comportato un drenaggio di popolazione. Il collegamento transvallerano costituisce allora oggi qualcosa di nuovo per il Ticino, fondandosi sull’analisi dei contesti socioeconomici delle regioni coinvolte e delle opportunità che possono crescervi attorno.

Originariamente si pensava a un collegamento stradale, che, a causa dell’adattamento delle vie d’accesso sia in Leventina sia in Vallemaggia, comportava però un costo totale di 140 milioni di franchi. Si è allora approfondita, su stimolo del Cantone, la soluzione del collegamento via teleferica inserito nel sistema del trasporto pubblico. Il costo dell’opera raggiunge i 30 milioni. Il progetto garantisce il trasporto di circa 240 persone all’ora da una valle all’altra per ogni valle. È direttamente collegato con l’asse ferroviario della Leventina alla stazione di Quinto. Comporta la necessità di potenziare e armonizzare il trasporto pubblico in Alta Vallemaggia, così come quella di promuovere ulteriori iniziative di trasporto taxi sull’esempio del progetto Verzasca mobile, o del tipo Mobility car.

La soluzione della teleferica non è di principio la panacea per tutte le difficoltà e ha certo un impatto diverso rispetto alla strada. La maggior vicinanza tra le due valli dovrà essere coltivata dalle regioni interessate medesime, individuando le iniziative che meglio potranno farle crescere, favorirle. Ci stanno già lavorando.

Torno all’articolo di Bianchi. I politici ‘veri’ di una volta credevano a questo tipo di progetti: pensiamo agli ex consiglieri di Stato Franco Zorzi e Arturo Lafranchi o al già granconsigliere valmaggese Armando Dadò assieme a tanti altri. A loro possiamo aggiungere anche lo scrittore Plinio Martini. Tutti si erano schierati per questo collegamento ora riformulato in chiave moderna e più sostenibile. Magari, visto da lontano, senza comprendere la lotta che le nostre valli combattono quotidianamente contro il loro declino, e senza intravedere le opportunità che la montagna di oggi può offrire, un progetto come questo può apparire ‘assurdo’. Ma questo non è che un segno dei tempi, che ci ha allontanati dalla montagna preferendo il contesto urbano. Ne risulta che a Sigirino i 30 milioni vengono comunque investiti, mentre per il collegamento Leventina-Vallemaggia occorre ancora decidere. Se vogliamo cambiare marcia, in questo cantone, dobbiamo semplicemente essere un po’ meno disfattisti sostituendo la paura con un po’ di coraggio e di fiducia, senza bisogno di toccare il fondo.

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