Tribuna libera

Ubs, la grande abbuffata

(Keystone)

29 miliardi di dollari: questo il beneficio netto per il gruppo Ubs alla fine del secondo trimestre 2023. Questa performance riflette il reddito contabile consecutivo all’acquisizione del Credit Suisse. È normale: Ubs deve curare gli interessi dei suoi azionisti. Ma è altrettanto normale che il Consiglio federale, imponendo le sue istruzioni alla Finma e alla Banca nazionale svizzera, abbia messo tutto quanto in opera con l’obiettivo di favorire proprio Ubs? Ma è normale e giuridicamente corretto imporre alla Finma e pertanto al Credit Suisse di azzerare 16 miliardi di obbligazioni (i cosiddetti AT1 bonds) e ciò, malgrado che ancora il 17 marzo 2023, ossia due giorni prima della decisione della Finma di azzerare queste obbligazioni, il Cs avesse deciso di riscattarle allo scopo di riguadagnarsi la fiducia del mercato?

La famosa conferenza stampa del 13 marzo era stata preceduta da intensi negoziati ad alto livello fra i rappresentanti del Consiglio federale, della Bns e della Finma con i dirigenti del Cs e dell’Ubs, proprio allo scopo di finalizzare la transazione in favore di Ubs. Quest’ultimo poteva contare sulle informazioni raccolte durante la preparazione che era già stata avviata da parecchi mesi. Ora la descrizione delle garanzie della Bns a favore di Ubs è addirittura contenuta nei dettagli del Memorandum di un centinaio di pagine del 9 giugno 2023, che il gruppo Ubs ha dovuto sottoporre all’Autorità di vigilanza degli Stati Uniti (Sec). Quel che è peggio è che, proprio durante gli intensi negoziati con Ubs, ancora il 15 marzo 2023, non soltanto le autorità federali ma anche lo stesso Cs, per tranquillizzare gli investitori, pubblicarono notizie rassicuranti riguardanti il rispetto dei requisiti di capitale e di liquidità del Credit Suisse.

Gli azionisti del Cs, che a seguito di queste dichiarazioni tranquillizzanti che sottacevano i negoziati in corso con Ubs e che in definitiva hanno subìto una perdita di almeno il 70%, potrebbero renderne responsabile il Consiglio federale? Qualche azionista, negli Usa, già lamenta questa disparità di trattamento nella scelta dell’opzione Ubs, dato che altre banche svizzere erano pronte a pagare un prezzo ben superiore per acquisire almeno la clientela del ramo svizzero del gruppo Cs. La Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) che pubblicherà un rapporto soltanto fra qualche anno, sarà in grado di giungere a un risultato che non sia offuscato dal filtro di parlamentari preoccupati di evitare l’emergere delle responsabilità di Ueli Maurer oppure di Keller-Sutter? Perché non hanno applicato la legislazione prevista per il fallimento delle banche? Così si chiede il Financial Stability Board (costituito dalle autorità politiche e monetarie delle prime 25 piazze finanziarie mondiali) nel suo recente rapporto sul salvataggio del Cs. Per fortuna la nostra Costituzione federale ci mette a disposizione degli organi imparziali: il Tribunale amministrativo federale e successivamente anche il Tribunale federale, potranno e dovranno far luce in modo indipendente nel quadro delle procedure riguardanti i ricorsi presentati da migliaia di detentori delle suddette obbligazioni AT1. Forse anche la giustizia civile, in Svizzera e in altri Paesi, potrebbe essere chiamata in causa anche da parte degli azionisti del Cs.

Ma c’è di peggio: numerosi investitori procedono contro la Confederazione davanti ai tribunali Usa e al Centro arbitrale di Washington, fondato sui Trattati bilaterali di protezione degli investitori contro il rischio di espropriazioni e nazionalizzazioni. E il Ministero pubblico della Confederazione? Fino a oggi non si ha notizia di qualsivoglia iniziativa, malgrado le aspettative degli investitori danneggiati, dell’opinione pubblica e del mercato. Intanto i responsabili avranno tempo di concertare le loro versioni, di nascondere prove e specialmente di esportare i milioni incassati a titolo di bonus, mentre la loro banca stava crollando. Per intanto, infatti, le autorità giudiziarie penali della Confederazione non hanno ancora ravvisato nemmeno un indizio delle responsabilità dei manager del Cs. Nessuna iniziativa giuridica riguardo al rimborso dei bonus milionari che vennero incassati proprio da quei manager del Cs che furono oggetto delle numerose procedure di inchiesta avviate dalla Finma durante questi ultimi anni.

In occasione della perdita milionaria da parte del Cs di Chiasso, scoperta nell’aprile 1977, il Ministero pubblico di Lugano (due magistrati senza nessuna équipe finanziaria) aveva avviato d’ufficio una procedura penale che condusse all’arresto di due dirigenti della banca e, due anni dopo, alla condanna degli stessi insieme a tre altri professionisti di un importante studio di avvocatura ticinese. A quell’epoca la comunità bancaria aveva saputo reagire, sotto pressione di Fritz Leuwyler, allora presidente della Banca nazionale, adottando la Convenzione di diligenza delle Banche. Oggi la pletora dei candidati per le Camere federali si astiene prudentemente dal promuovere quelle riforme che permetterebbero di impedire un nuovo intervento forzato della Confederazione a favore di una banca in dissesto. “Da uno zombie è nato un mostro”: così la Neue Zürcher Zeitung definì la nuova Ubs. Infatti parecchi e parecchie preferiscono, grazie alla compiacenza di qualche giornalista, imbonirci con le fotografie dell’album di famiglia, con i loro cani e con i loro gatti. Così nessuno fra i candidati e le candidate deve esporsi per parlare dell’effetto criminogeno dei bonus milionari a favore dei manager delle banche svizzere, di cui ci ricordiamo che, in occasione della votazione sull’iniziativa popolare Minder (una grande vittoria poi annacquata dal partito degli Affari), i banchieri avevano motivato i bonus a loro favore con lo slogan: “Senza i bonus si perdono i migliori”.

Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’

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