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Historia magistra vitae

Il Cantone dispone di una legge sull’archiviazione e sugli archivi pubblici (LArch) del 15.3.2011 il cui campo di applicazione è però purtroppo limitato ai documenti del Cantone, degli Enti locali, istituti e associazioni di diritto pubblico cantonale e comunale, e persone fisiche e giuridiche e di altri organi incaricati di compiti di interesse pubblico.

L’accesso a tali archivi è garantito a chiunque dopo la scadenza di un termine di 30 anni ad eccezione di casi particolari ed è di principio autorizzata la consultazione di lasciti e depositi in archivi pubblici. La legge cantonale, neppure troppo vecchia, è comunque particolarmente penalizzante e lacunosa per chi vuole approfondire ricerche storiche concernenti persone o fatti avvenuti nel nostro cantone. Molta documentazione si trova infatti in archivi privati di persone fisiche o società che in parte rivestono anche compiti di interesse pubblico perché al beneficio di concessioni di esercizio o autorizzazioni, o addirittura con partecipazione dell’Ente pubblico quali società di trasporti o istituti bancari.

È quindi evidente che per ricerche storiche, ad esempio del periodo ottocentesco, si debba poter fare ricorso agli archivi privati e lo storico si trova in questi casi bloccato nelle proprie ricerche da veti incomprensibili e oggettivamente ingiustificati che gli impediscono di acclarare compiutamente fatti avvenuti oltre cent’anni fa, per cui il diniego di consultazione degli archivi privati in questi casi non appare per nulla più giustificato da interesse privato per rapporto all’interesse storico preponderante ad approfondire e far luce su avvenimenti della nostra storia.

Mi riferisco in particolare a tutte quelle attività imprenditoriali che hanno caratterizzato lo sviluppo di tardo ottocento-inizio novecento nel nostro cantone e che hanno creato le basi di sviluppo dell’economia e del turismo e delle scelte politiche. La limitazione della legge che prevede l’obbligo di consultazione solo per gli archivi pubblici non è né giustificata né sostenibile trascorsi oltre 50-100 anni, in quanto numerosa documentazione rilevante è conservata in archivi privati che possono avere notevole rilevanza pubblica.

L’interesse pubblico certo preponderante dev’essere riconosciuto e deve trovare riscontro in una modifica di legge che autorizzi i ricercatori storici, indicando i motivi della ricerca, a poter consultare gli atti di tutti gli archivi privati esistenti nel cantone, siano essi di persone fisiche o giuridiche, per tutti documenti risalenti a oltre 50 anni orsono.

I recenti fatti venuti alla luce circa le molestie avvenute in ambito ecclesiastico e la sparizione di documenti per ordini vescovili, per nascondere le tracce di reati, dimostrano come sia importante dover salvaguardare e mantenere la documentazione e permettere l’accesso anche dopo anni quando eventuali prescrizioni sono intervenute ai fini della conoscenza e di un giudizio storico.

Gli archivi sono beni culturali e come tali vanno salvaguardati, e ne deve essere ammessa la consultazione dopo un determinato periodo. Così è stato fatto dalla Confederazione alcuni decenni fa per chiarire la natura e il destino dei conti dispersi nelle nostre banche svizzere di averi rimasti ignoti ai fini della loro restituzione.

I documenti negli archivi privati devono poter essere consultati per permettere la ricostruzione di fatti ed eventi che hanno determinato la storia del cantone e delle istituzioni se vogliamo trarne insegnamenti secondo il principio historia magistra vitae, perché senza la conoscenza della propria storia un popolo non può avere radici né comprendere perché in determinati momenti certe scelte sono state fatte e se è vero che la storia si ripete. L’approfondita conoscenza del passato può servire a evitare analoghi errori e perlomeno contribuire a capire e comprenderne l’evoluzione.

Sono quindi auspicati urgenti interventi in Parlamento affinché l’obbligo di aprire gli archivi e permetterne la consultazione sia esteso anche gli archivi privati di persone fisiche e giuridiche, e di conseguenza modificato l’art. 2 della LArch che prevede un’inammissibile e incomprensibile limitazione alla facoltà di consultazione solo per archivi pubblici.

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