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Lupo, il primo colpevole

La presa di posizione della presidente della Commissione dell’Unione europea e la nuova Ordinanza federale sulla caccia messa in consultazione nelle scorse settimane hanno fatto infuriare i protettori del lupo più accaniti e ciechi.

Erano anni che non reagivano più in modo così irrazionale: per loro finché il numero di lupi aumentava vertiginosamente in tutta Europa era il segnale rassicurante che il processo di ricolonizzazione del grande predatore era diventato irreversibile. E se anche gli animali predati aumentavano nella stessa proporzione, la colpa era degli allevatori che non li proteggevano.

Ora hanno ipotizzato che l’Ufficio Federale dell’Ambiente (Ufam) abbia preparato una tale ordinanza, che dovrebbe permettere una drastica diminuzione dei lupi, perché alla testa del Datec è arrivato l’onorevole Rösti che secondo loro parteggia per gli allevatori.

La realtà è parecchio diversa. Sia l’onorevole Rösti sia la signora Von der Leyen hanno semplicemente guardato con realismo il grafico dell’evoluzione dei lupi in Svizzera, rispettivamente nei diversi Paesi europei: una linea esponenziale che non accenna a rallentare. Una situazione diventata insostenibile non soltanto per gli allevatori, ma anche per gli Stati che devono gestire il fenomeno e affrontare le relative spese, per i cittadini che amano fruire degli spazi montani, per l’abbandono della montagna e per i pericoli che potrebbero derivare per l’essere umano.

Quando nel 2020 il popolo svizzero aveva respinto per una manciata di voti nelle maggiori città la revisione della legge federale sulla caccia, in Svizzera erano censiti 8 branchi e si stimava una presenza stanziale di 120 lupi. Solo tre anni dopo ci troviamo con 32 branchi e almeno 310 lupi stanziali (dati Kora).

Se negli scorsi anni i funzionari federali, le direttrici e i direttori dei Dipartimenti federali e cantonali preposti avessero dato ascolto alle voci che giungevano dal mondo contadino, ai ripetuti atti parlamentari, nonché alle proposte dei Cantoni alpini e se si fosse cercato di tenere la situazione sotto controllo, non ci troveremmo in questa condizione di urgenza.

La politica del “danno rilevante” (si uccide un lupo solo se ha provocato un danno importante a un gregge protetto di animali al pascolo) messa in atto fin dal 2008 da parte della Confederazione, in rapporto alla regolazione del lupo è stata un fallimento completo: in Ticino, ad esempio, finora si sono abbattuti legalmente due lupi.

Ora che si cerca di rimediare, i protettori a oltranza del lupo parlano di “strage” del lupo.

Quando la strage riguardava (e riguarda) pecore e capre al pascolo (spesso decedute dopo atroci sofferenze) per “loro” erano eventi naturali e la colpa era degli allevatori.

Dove era possibile, invece, gli allevatori in questi anni hanno fatto tutto quanto richiesto per proteggere i loro animali. Non pochi hanno gettato la spugna. Lo Stato, invece, ha “giocherellato” con disposizioni contraddittorie ideate appositamente per salvare la pelle del predatore.

Finalmente ora qualcuno ha compreso la gravità della situazione e cerca di porvi rimedio.

Auguriamoci che non sia troppo tardi e che ci riesca! Di certo, ha il mio pieno appoggio.

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