laR+ L'altra economia

Ripensare il turismo

Un equilibrio precario
(Keystone)

Secondo uno studio guidato da ricercatori del Politecnico di Losanna, che si sono basati sui contatti telefonici degli operatori esteri, in Francia ci sono mediamente ogni giorno 5 milioni di turisti, ben 3 milioni in più rispetto alle statistiche ufficiali. Dopo lo stallo della pandemia, il turismo – come ci fanno sapere giornalmente i media di tutto il mondo – è ritornato ai livelli pre-pandemia, se non oltre. È un fatto positivo? Dipende.

Turismo, in primo luogo, significa forte aumento degli spostamenti in aereo, alla faccia della lotta al cambiamento climatico (il turismo da solo è responsabile del 5% delle emissioni globali di anidride carbonica). Ma soprattutto genera problemi non indifferenti per molte destinazioni, tant’è che città come Venezia, Roma, Firenze, Parigi, Barcellona, Amsterdam hanno evidenti problemi di “sovrabbondanza” e stanno pensando di iniziare a implementare strategie per respingere i turisti, soprattutto quelli più irrispettosi. Ecco alcuni esempi di “stupidità turistica” riportati da quanto sopra citato. Turisti che scattano selfie sorridendo davanti ai cancelli di Auschwitz, si tuffano nella fontana di Trevi, incidono il loro nome sulle pietre del Colosseo, posano nudi davanti a un albero sacro a Bali, vomitano sui marciapiedi di Amsterdam dopo sbronze colossali.

Oggi ci sono 2,4 miliardi di turisti a livello mondiale. Il risultato è che è quasi impossibile riuscire a vedere la Gioconda al Louvre, che piazza di Spagna sembra un perenne rave party, che a Venezia bisogna mettersi in coda per potersi spostare. Ma soprattutto i residenti devono subirne le conseguenze senza poter fare nulla. A Venezia la popolazione residente è in diminuzione da decenni, a Barcellona i prezzi degli affitti sono aumentati talmente tanto (a causa soprattutto di Airbnb) che molti abitanti si devono trasferire nelle periferie. E naturalmente molti turisti generano conseguenze anche quando si spostano in auto, come dimostrano le perenni code chilometriche al San Gottardo o l’assalto alla Valle Verzasca.

Nell’immaginario collettivo il turista è diventato sovrano, andare in vacanza è diventato quasi un obbligo sociale, non importa dove e come. A Venezia hanno finalmente proibito l’arrivo delle enormi navi da crociera, che ogni giorno portavano turisti di giornata, che gironzolavano in città mentre le loro città naviganti rimanevano ancorate nelle vicinanze senza nemmeno spegnare i motori.

Il vento però sta piano piano cambiando. A Barcellona si cerca di limitare il numero degli appartamenti affittabili ai turisti, Venezia e Firenze stanno pensando di introdurre un numero chiuso, mentre Amsterdam sta letteralmente “facendo la guerra” al turismo selvaggio: riduzione degli orari d’apertura degli esercizi pubblici, riduzione dei sex shop, non si può fumare cannabis in strada, ma soprattutto la città ha capito che il turismo non è poi così interessante dal punto di vista economico. Negli ultimi anni in città sono aumentate imprese che generano un maggior valore aggiunto rispetto al turismo e creano posti di lavoro meglio remunerati.

Il turismo è uno dei settori economici con il valore aggiunto per addetto più basso proprio perché occupa manodopera poco qualificata e quindi poco interessante dal punto di vista economico. Ma naturalmente è essenziale per alcune regioni. Questo discorso è valido a maggior ragione nei Paesi più poveri. Anche nel nostro cantone è al centro della politica economica e, nel bene e nel male, garantisce posti di lavoro e contribuisce alla sopravvivenza delle zone periferiche, ma solo grazie a elevati investimenti pubblici (solo le stazioni invernali hanno assorbito negli ultimi 20 anni oltre 200 milioni di franchi) che – vale la pena di chiedercelo – forse avrebbero potuto essere impiegati differentemente con benefici migliori.

In realtà esistono due tipi di turismo: quello di massa delle principali attrazioni turistiche mondiali che in un qualche modo deve essere controllato e quello delle zone periferiche che deve essere guidato affinché apporti un reale beneficio economico. Risolvere l’equazione è tutt’altro che facile, ma bisogna iniziare a pensarci. Il punto di partenza è quello del “borsellino”. Oggi non è più accettabile che certi voli in aereo costino poco più di una pizza, ma nemmeno che milioni di turisti possano formare colonne interminabili senza contribuire a pagare le diseconomie che generano.

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