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La tragedia dei migranti e l’inferno nel Mediterraneo

L’immigrazione è un fenomeno enorme e complesso, capace di cambiare il volto di una società. Se in meglio o in peggio, sta a noi deciderlo.

Il “fenomeno” immigrazione, infatti, presenta notevoli implicazioni economiche, sociali, culturali, di ordine pubblico. Presenta sia problemi sia benefici, che non sono un dato fisso e inevitabile, ma il risultato della nostra capacità di gestirlo. Ogni discussione su questo tema, però, non può essere una fredda comparazione di costi e benefici. Non bisogna mai dimenticare che il “fenomeno” immigrazione è fatto dagli… immigrati: uomini in carne e ossa, con le loro storie, le loro speranze, le loro paure e debolezze, i loro diritti (e i loro doveri), la loro creatività, la voglia di rendersi utili (o di approfittare delle situazioni), i loro vincoli familiari. La dimensione dell’immigrato-uomo spesso è trascurata anche da coloro che vedono nell’immigrazione solo una risorsa, e che si vorrebbero porre come paladini degli immigrati. Ma vedremo che proprio la dimensione di umanità può essere calpestata e offesa, se l’immigrazione è incoraggiata senza nessuna gestione o controllo. Non è facile comprendere la complessità dei fenomeni migratori che interessano oggi l’Europa e le loro reali ricadute, ma sembra chiaro che nel corso degli ultimi due decenni abbiamo assistito a un peggioramento delle condizioni di accoglienza dei migranti e una incapacità di trovare una “soluzione europea”, evocata da più parti al vertice informale di quest’anno a Bruxelles tra Stati membri della Ue, rispetto a una condizione definitiva di “emergenza” che dura da troppo tempo. La migrazione e, in generale, la mobilità umana, è causa e conseguenza dell’orizzonte mondializzato e fenomeno strettamente legato ai movimenti del capitale e alla forma del capitalismo contemporaneo, strutturale a questa fase dello sviluppo globale. Ai confini dell’Europa lo scenario è radicalmente cambiato. Le cosiddette “primavere arabe”, poi la guerra in Siria e l’ascesa dello Stato Islamico, le ripetute crisi politiche, economiche e umanitarie in Mali, Burkina/Faso, Sudan, Niger, Corno d’Africa e Africa Occidentale, la degenerazione politica e sociale della Libia del dopo Gheddafi hanno creato nuove emergenze e cambiato le rotte migratorie.

L’Europa deve comprendere che il suo tempo quasi sta finendo. Il mondo si sta avviando verso una integrazione multiculturale. I grandi potenti stanno perdendo la loro supremazia nonostante tutte le instabilità e guerre che costantemente creano con la complicità di qualche dirigente di questi Paesi. Per la conservazione della loro comunità è mille volte preferibile un cambiamento di mentalità che porti a considerare gli africani subsahariani, gli asiatici e latini come opportunità e non come nemici da sfruttare. Questi suggerimenti sono utopici, siete liberi di pensare. Ma tenete presente che questa è la sola occasione che rimane alla vostra comunità a rischio di estinzione.

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