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Il rischio dei rischi

Dopo la profonda crisi che scosse il mondo bancario nel 2008, la politica intervenne regolamentando il settore e istituendo un’autorità di controllo. Ciò non poté impedire a Credit Suisse e Ubs di farsi beccare a più riprese con le dita nella marmellata: nel periodo 2012-2022 il Cs ha pagato 11,7 miliardi di multe e affini, mentre Ubs “solamente” 6,4 miliardi. Questi 18 miliardi di multe, corrispondenti a sei volte il prezzo pagato da Ubs per il Credit Suisse con i suoi 50'000 impiegati, sono un chiaro sintomo di un settore malato e divenuto dipendente dall’ebbrezza provocata dal rischio. Prendiamo ad esempio la scelta di Ubs di mettere Ralph Hamers alla testa della banca: un personaggio definito “con poca esperienza nella gestione patrimoniale o nell’investment banking” da Bloomberg, indagato per un caso di riciclaggio per cui la banca che dirigeva precedentemente ha dovuto pagare 675 milioni di euro di multa, oltre a dover rendere 100 milioni di guadagni illeciti. Considerando le retribuzioni e i bonus elargiti da Ubs, è lecito chiedersi come mai non sia stato possibile trovare un Ceo con un profilo migliore e meno rischioso. Anche a Credit Suisse il rischio piaceva al punto che, nel rapporto d’esercizio 2022, la parola “risk” appare ben 2’365 volte. Ma è stata proprio l’eccessiva propensione al rischio ad esporre il Cs ai fallimenti di Greensill e Archegos Capital che, oltre a perdite finanziarie di 7-8 miliardi, causarono al Cs un danno d’immagine da cui non si è più ripreso. Al rischio, e/o incompetenza, va poi aggiunta la malafede della banca che promuoveva dei fondi farciti di Greensill e Archegos presentandoli come prodotti a basso rischio. Così, assieme alla fiducia, se ne sono andati clienti e capitali, ma per i vertici la colpa è tutta di Twitter! Dopo Ubs e Axpo, mamma Elvezia ha così dovuto prestare le prime cure al suo terzo “Sorgenkind”, anch’esso figlio della cupidigia, mettendo questa volta sul tavolo una pila di biglietti da 1’000 franchi alta 25,9 chilometri. Certi banchieri e certi politici, gli stessi che chiedevano di poter detrarre le multe dalle dichiarazioni fiscali delle banche, ci rassicurano ricordandoci che nel salvataggio di Ubs la Confederazione ha addirittura fatto degli utili. Evitano invece di dirci che per anni, dopo la crisi, Ubs non ha pagato imposte sugli utili, potendo trasformare in crediti d’imposta le ingenti perdite subite con la crisi. I cittadini di Lugano, ma soprattutto quelli di Chiasso, dove Ubs era il miglior contribuente, dovrebbero ricordarsene. “Dobbiamo evitare che i contribuenti svizzeri soffrano” ha dichiarato Sergio Ermotti. Intanto la cassa pensione mi ha comunicato che, dal primo di aprile e almeno per un anno, la mia rendita sarà decurtata del 10%, visto il calo del tasso di copertura conseguente alle perdite in Borsa. E purtroppo non è il solito pesce d’aprile.

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