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Semplici verità

(Ti-Press)

In questo periodo dell’anno, si fanno bilanci e si formulano buoni propositi. Lasciamo i bilanci ad altri, e guardiamo avanti. Vorrei condividere l’opinione che insieme, noi abitanti di questo Ticino, possiamo trovare risposte ad alcune sfide importanti del nostro tempo.

Prendiamo esempio dalla nostra storia. Nel dicembre del 1854, Stefano Franscini dava alle stampe "Semplici verità ai ticinesi sulle finanze e altri oggetti di bene pubblico". In questo suo testamento politico propone un’analisi del deficit cronico che gravava sui conti del Cantone e difende l’idea di un’imposta diretta. Si schiera contro chi crede di risolvere il problema del deficit con tagli alle spese che toccano capitoli quali i sostegni all’educazione, solo da poco introdotti. In maniera generale, non si limita a un ragionamento contabile e tiene sempre presente la situazione sociale. Promuove per esempio l’idea di "un ospital cantonale e [di] un manicomio", come pure una "cassa di Beneficienza" in grado di provvedere alle "famiglie che d’improvviso si vengono a trovare in istato di urgente necessità". Per Franscini, lo Stato non deve intervenire in ogni ambito: egli riconosce esplicitamente l’importanza dell’operato di "associazioni libere". Traspare pure dal testo l’attenzione che lo statista porta al rapporto tra cittadini e Stato, e l’importanza che attribuisce agli sforzi di "conciliazione" tra le varie forze politiche. Ricordiamo che le relazioni tra il Cantone e la Confederazione, e con i Comuni, stavano evolvendo rapidamente. D’altronde, Franscini confronta sistematicamente la situazione del nostro cantone a quella degli altri cantoni confederati.

Torniamo a noi. Abbiamo nuove sfide da affrontare e il dovere di non indebolire quanto è stato costruito collettivamente negli ultimi due secoli, dalle infrastrutture stradali alle nostre due scuole universitarie. Credo che i principi espressi nelle "Semplici verità" diano indicazioni utili su come procedere: dapprima identificare la direzione nella quale andare, in seguito dotarsi dei mezzi per raggiungere gli obiettivi condivisi. Vorrei qui mettere in evidenza tre temi che credo ogni ticinese riconoscerà come degni di attenzione da parte dello Stato. Primo, sappiamo che i carburanti fossili stanno finendo. Dobbiamo consumare meno energia e ove possibile usare solo energia rinnovabile. Possiamo impegnarci da oggi per un Ticino di "villaggi eco-responsabili": quartieri o nuclei che decidono di procedere a un rinnovamento energetico, nell’interesse di proprietari e inquilini, con la partecipazione di imprese edili, che siano pronte ad accompagnare una transizione energetica necessaria. Lo Stato può facilitare l’identificazione di conglomerati efficaci e potrebbe sostenerli andando oltre ai già esistenti sussidi, impegnando per esempio una parte dell’aumento delle entrate previsto con l’aumento delle stime immobiliari. Secondo, le istituzioni non rendono conto della complessità del mondo del lavoro. Bisogna riconoscere ogni forma di lavoro, soprattutto se socialmente utile. Deve essere riconosciuto il contributo alla ricchezza collettiva e alla coesione sociale di innumerevoli persone, soprattutto donne, che si occupano dei loro cari. Dobbiamo trovare soluzioni per assicurare condizioni di esercizio degne ai sempre più numerosi lavoratori indipendenti (artisti, architetti, giornalisti, auto-imprenditori ecc.). Naturalmente, non dobbiamo dimenticare coloro che si trovano in situazioni precarie: ricordiamo che anche tra di noi vi sono lavoratori poveri. Terzo, lo Stato deve facilitare la soluzione di conflitti, contribuendo a evitare ai cittadini di ricorrere all’apparato di giustizia e di incorrere nelle spese conseguenti. Potremmo per esempio creare la posizione di un/a Ombudsperson a livello cantonale.

Altri hanno già elaborato proposte interessanti in questi ambiti. Sta a noi trovare le soluzioni che più si confanno alle nostre esigenze. Insieme.

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