Arte e cultura

A proposito del Museo Epper

Sotto le apparenze di un salvataggio, si sta consumando la svendita e la perdita di un’importante testimonianza della storia artistica e culturale di Ascona

17 aprile 2020
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Leggo su LaRegione l’accorato, forse anche estremo, appello di Mario Matasci a salvare il Museo Epper. Non voglio entrare nel merito delle ultime notizie circa il cambiamento di sede che, a me personalmente, infondono scoramento e tristezza. Ma quel suo appello non posso che farlo mio: perché, sotto le apparenze di un salvataggio, si sta consumando la svendita e la perdita di un’importante quanto preziosa testimonianza della storia artistica e culturale di Ascona.

Un borgo che, grazie a illuminati intellettuali e operatori culturali, ha investito energie e mezzi, coinvolgendo enti cantonali e nazionali, nel recupero e nel rilancio della sua straordinaria storia – per più aspetti unica – tra Otto e Novecento, sapendo farne un percorso di alta valenza testimoniale oltre che di indubbio richiamo. Una storia che incrocia le drammatiche vicende di quegli anni alla mediterranea solarità di un povero borgo lacustre e, muovendo poi sul filo di una utopia palingenetica, lega in ideale unità il Monte Verità all’architettura del moderno e del Bauhaus, il Teatro San Materno all’omonimo Castello che ospita la Collezione Alten, il Museo cittadino ai vari artisti che ad Ascona hanno operato e che hanno contribuito a farlo nascere. Di quell’ideale percorso che si snoda nel territorio asconese non può non far parte anche il Museo Epper, per quel che fu e per quel che è. La sua storia non si esaurisce infatti con le – anche tragiche – vicende dei coniugi Epper, ma si amplifica fino ai giorni nostri, così come in passato ha coinvolto e non di rado anche sostenuto e aiutato intellettuali o artisti quali Johannes Schürch e Fritz Pauli che, insieme ad Ignaz Epper, sono tra i massimi rappresentanti dell’espressionismo svizzero. Fin qui la storia, rievocata in poche righe. Ma ci sono pure altre ragioni, di non minor peso (parlo di un peso che si sente dentro), che spingono a preservare l’integrità di quel posto: perché, come è giusto che sia, venga moralmente rispettata e non calpestata la volontà testamentaria di Mischa Epper che di quell’edificio e di quel giardino ha voluto fare un sacrario della memoria, dove ancor oggi riposano le ceneri sue accanto a quelle del marito: un’oasi di silenzio e riflessione, ma anche un luogo di incontro per quanti – asconesi o non – amano l’arte.

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