Estero

Raid e morti a Rafah, ma crescono le speranze di tregua

Diplomazia in pressing in Arabia Saudita. Il segretario di Stato Usa Blinken: ‘Proposta israeliana straordinariamente generoso, Hamas la accetti’

Oggi a Rafah, dopo un raid dell’aviazione israeliana
(Keystone)
29 aprile 2024
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A Hamas è stata offerta "una proposta straordinariamente generosa" che dovrebbe cogliere in fretta prendendo "la decisione giusta". L'Occidente, con Usa e Gran Bretagna in testa, e diversi Stati arabi premono sulla fazione islamica perché accetti le richieste di Israele per poter raggiungere un accordo per lo scambio di prigionieri: l'intesa dovrebbe prevedere 40 giorni di tregua, il rilascio di "potenzialmente migliaia" di detenuti palestinesi dalle carceri israeliane e il ritorno degli sfollati al nord di Gaza, in cambio della liberazione di almeno 33 ostaggi israeliani (le donne, i feriti e gli anziani ancora nelle mani di Hamas).

Un cessate il fuoco temporaneo comporterebbe il rinvio della temuta operazione di terra dell'Idf a Rafah, nel sud della Striscia, dove lo Stato ebraico ritiene siano nascosti gli ostaggi e gli ultimi leader dell'organizzazione terroristica, e che intanto continua a colpire con raid aerei: le autorità sanitarie di Hamas hanno denunciato la morte di almeno 26 persone - tra cui un neonato di appena 5 giorni - in un bombardamento notturno sulla città.

Una delegazione di Hamas è al Cairo, dove "sta ancora studiando" la proposta mediata da Egitto e Qatar: le autorità egiziane hanno invitato nella capitale anche funzionari israeliani nel caso la fazione islamica avesse delle obiezioni da sollevare, anche se domenica sera aveva già fatto sapere di non vedere "problemi significativi" nella bozza di accordo.

Forte pressione su Hamas

Ma è a Riad che i contatti tra le cancellerie sono più frenetici: a margine del World Economic Forum si moltiplicano gli incontri bilaterali tra i vari ministri, dal segretario di Stato Usa Antony Blinken al britannico David Cameron, dall'egiziano Sameh Shoukry - che si è detto "fiducioso" sull'intesa - al capo della Farnesina Antonio Tajani. "Hamas ha davanti a sé una proposta straordinariamente generosa da parte di Israele. E in questo momento l'unica cosa che si frappone tra il popolo di Gaza e un cessate il fuoco è Hamas. Devono decidere in fretta. Spero che prendano la decisione giusta", ha incalzato Blinken che a Riad ha parlato con il ministro degli Esteri del Regno, Faisal bin Farhan al Saud, anche del futuro politico di Gaza dopo la fine del conflitto.

"Siamo molto molto vicini" a un'intesa in tal senso, ha annunciato il saudita, mentre l'alto rappresentante Ue Josep Borrell ha annunciato che diversi Stati dell'Unione sono intenzionati - sulla spinta di una mobilitazione avviata da Spagna e Irlanda - a riconoscere "entro maggio" lo Stato palestinese. Favorevole alla soluzione a due Stati, Borrell ha però messo in guardia che questa non sarà realizzabile finché la leadership di Hamas non avrà "lasciato Gaza".

Gli Usa chiedono garanzie a Israele su Rafah

Sembra invece quasi concluso anche il patto di sicurezza tra Usa e Arabia Saudita che comprende la normalizzazione delle relazioni con Israele, dossier congelato dopo l'attacco del 7 ottobre e la reazione israeliana a Gaza. Il segretario di Stato Usa - che dopo l'Arabia si recherà anche in Israele e Giordania - ha intanto riconosciuto "progressi misurabili" nella situazione umanitaria a Gaza nelle ultime settimane, ma ha esortato lo Stato ebraico a fare di più. Inoltre, ha puntualizzato, gli Stati Uniti "non hanno ancora visto un piano che ci permetta di credere che i civili possano essere efficacemente protetti" dall'irruzione a Rafah, come più volte chiesto da Washington e ribadito domenica nell'ultima telefonata tra il presidente Joe Biden e il premier israeliano Benyamin Netanyahu.

Al momento la palla è comunque nel campo di Hamas, anche se sui colloqui aleggia il timore che un eventuale mandato di arresto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e i vertici della difesa israeliana possa ostacolare l'accordo, mandando all'aria la possibilità di una tregua. Secondo Bloomberg, i Paesi del G7 avrebbero avviato uno sforzo diplomatico per far arrivare il messaggio all'Aja.

Washington ha invece accusato cinque unità dell'Idf di aver commesso "macroscopiche violazioni dei diritti umani" in Cisgiordania, ben prima del 7 ottobre: 4 unità hanno già preso delle misure, evitando così le sanzioni americane, ma continuano le consultazioni sulla quinta.

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