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Botte della polizia per il velo, 16enne in coma in Iran

Ong: ‘Armita non lo indossava correttamente’. Il regime nega e parla di svenimento

Donne senza velo nel centro di Teheran
(Keystone)
3 ottobre 2023
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Picchiata e ridotta in coma dalla polizia morale perché non indossava correttamente l'hijab. A poco più di un anno dalla tragedia di Mahsa Amini, la giovane morta in custodia della polizia perché non portava il velo secondo le regole, un nuovo caso di repressione rischia di tornare a infiammare l’Iran dopo che le autorità si erano convinte di aver spento a forza di manganelli e arresti la protesta di migliaia di giovani in tutto il Paese.

La versione della Ong

Secondo il gruppo per i diritti curdi in esilio Hengaw, Armita Garawand, 16 anni, sarebbe stata ridotta in fin di vita nella metropolitana di Teheran. Il video che circola sui social e ripreso dal Guardian mostra una ragazza portata giù da un treno da alcune donne in chador nero in una stazione del metrò e deposta sul binario, dove rimane immobile, apparentemente priva di sensi. Secondo l'associazione per i diritti umani, Armita avrebbe subito una "grave aggressione fisica" da parte delle agenti per non aver rispettato le norme sull'hijab. I media statali - che secondo la ong hanno pubblicato il filmato modificato - hanno riferito che la giovane è invece svenuta dopo un calo di pressione che l'avrebbe fatta sbattere contro il lato del vagone del treno. E l'agenzia di stampa ufficiale Fars ha pubblicato un'intervista ai genitori della ragazza in cui affermano che non è stata aggredita.


Keystone
In piazza per Mahsa Amini

‘È stato un incidente’

"Abbiamo controllato tutti i video e ci è stato dimostrato che è stato un incidente. Chiediamo alle persone di pregare per la guarigione di nostra figlia", afferma il padre nell'intervista. La cronaca recente dell'Iran insegna tuttavia a non fidarsi delle ricostruzioni del regime. In passato le autorità hanno pubblicato interviste forzate con membri delle famiglie delle vittime. E su X girano già accuse secondo cui i genitori di Armita sarebbero stati costretti ad assecondare la versione del regime. Sempre il Guardian scrive di un giornalista del quotidiano riformista Shargh che avrebbe cercato di ricostruire la storia recandosi in ospedale, dove la giovane è ricoverata da due giorni: il cronista è stato fermato e solo in seguito rilasciato. Da quel momento l'accesso all'ospedale è stato limitato dalla polizia.

Il ricordo di Mahsa

Sia la dinamica dell'incidente sia le spiegazioni del regime fanno tornare alla mente la morte di Mahsa: anche in quel caso le autorità raccontarono che la giovane soffriva di un disturbo neurologico che la fece collassare all'interno della stazione di polizia. La sua famiglia non ha mai accettato la spiegazione della sua morte, denunciando che era stato negato loro il diritto di scegliere il medico per l'autopsia.

Dalla morte di Mahsa le proteste si sono diffuse dalla sua città, Saqez, in tutto l'Iran e hanno dato vita a un movimento antigovernativo che è stato duramente represso con circa 500 morti e 20’000 arresti. Oltre alla repressione, le autorità iraniane hanno cercato di rafforzare l'obbligo dell'hijab per le donne, approvando anche nuove leggi, ma soprattutto nelle grandi città l'ordine viene spesso ignorato.

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