energia

Riad e Mosca tagliano la produzione, vola il petrolio

Il Brent ai massimi da novembre, rischi di ulteriori aumenti della benzina

Raffineria ad Abqaib in Arabia Saudita
(Keystone)
5 settembre 2023
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La doppia impennata della curva sui mercati telematici è chiara: le decisioni di Russia e Arabia Saudita, i due principali produttori mondiali dopo gli Stati Uniti, di tagliare la produzione per sostenere i prezzi hanno portato il petrolio ai massimi da novembre. L'aumento è stato di quasi due punti percentuali sia per il greggio Usa, i cui future sono arrivati sopra gli 87 dollari al barile, sia per il Brent europeo, che ha superato quota 90 dollari, fino a un massimo di 91.

La strategia araba

Insomma ha funzionato la scelta di Riad di estendere il taglio alla sua produzione di greggio di un milione di barili al giorno per altri tre mesi, da ottobre fino a fine anno. A stretto giro anche la Russia ha annunciato di ampliare i suoi tagli alla produzione pari a 300mila barili al giorno, dopo i 500mila in agosto. "Questo ulteriore taglio volontario vuole rafforzare gli sforzi preventivi compiuti dai Paesi Opec+ con l'obiettivo di sostenere la stabilità e l'equilibrio dei mercati petroliferi", commenta la Saudi press agency. Mentre la russa Tass ha citato Alexander Novak, vice premier ed ex ministro dell'Energia, per spiegare come la decisione sia ovviamente stata presa ai piani più alti del Cremlino.


Keystone
Pozzo petrolifero nella tundra russa

Mossa che aiuta la Russia

In particolare per gli operatori è stato soprattutto il prolungamento del taglio saudita il segnale più importante, in quanto l'Arabia guida la stessa Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. In questo modo Riad manterrà la produzione al livello più basso da diversi anni, cioè circa nove milioni di barili al giorno, per almeno sei mesi. Per Mosca viene segnalata invece la necessità di recuperare le entrate per sostenere le spese dell'invasione in Ucraina. E con prezzi troppo bassi sarebbe impossibile: i ricavi russi dalle esportazioni di petrolio in maggio sono infatti scesi a 13,3 miliardi totali, in calo del 36% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

La speranza ora è che il recupero del prezzo del petrolio non sia stabile, perché altrimenti si riverserebbe a breve sul costo della benzina e del diesel.

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