Estero

Migranti: nessuno vuole l'uomo nero

Il caso della nave Aquarius riporta alla luce le divisioni europee in materia di accoglienza

14 giugno 2018
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Ricapitolando: l’Italia rifiuta di accogliere i 629 migranti soccorsi dalla nave Aquarius. Il presidente francese Emmanuel Macron rinfaccia al neoministro dell’Interno italiano Matteo Salvini “cinismo e irresponsabilità”. Quest’ultimo ricorda a Macron che le hanno sigillate prima i francesi, le frontiere. Ma due torti non fanno una ragione; e mentre la nave avanza verso Valencia, forse è il caso di mettere da parte le facili indignazioni ed esaminare la situazione.

Quale ‘emergenza’?

Prima di tutto, i numeri. La polemica scoppia in un momento di relativa calma sul fronte degli sbarchi: poco più di 14mila da inizio anno, contro i 120mila del 2017 e 180mila del 2016. Numeri che sconfessano l’allarmismo di parte dei media e della politica. Però tra il 2014 e il 2017 sono arrivate in Italia oltre 600mila persone, un numero senza precedenti e secondo solo a quello della Grecia (un milione), come spiega il ‘Post’. Fino al 2015, molti proseguivano il loro cammino verso altri Paesi: gli scarsi controlli alla frontiera permettevano così una distribuzione ‘naturale’ dei migranti, in deroga al regolamento di Dublino che ne imporrebbe la registrazione nel paese di prima accoglienza. Dal 2016, nazioni come la Francia hanno ‘sigillato’ le frontiere: da allora gli sbarchi gravano principalmente sull’Italia; un Paese in costanti difficoltà economiche, con una rete del tutto inadeguata di centri di accoglienza.

Chi è senza peccato...

A nulla è servito il tentativo di rinegoziare il regolamento di Dublino, introducendo quote di accoglienza per i singoli paesi ed eliminando il ‘criterio del primo ingresso’. Un primo tentativo del 2015, che interessava 160mila richiedenti, è stato bellamente ignorato: la Francia ne ha presi meno di 5mila su 20mila assegnati, solo 635 dall’Italia. La Spagna – che accoglierà l’Aquarius, ma da metà degli anni Novanta ha innalzato un muro sorvegliatissimo al confine col Marocco – ne ha presi poco più di mille su 10mila.

Intanto è fallita la riforma del regolamento, che anche il nuovo governo italiano ha bocciato giudicandola insoddisfacente. Si è così creato un insolito asse fra Roma e i paesi Visegrad (in primis l’Ungheria), che mette insieme chi vuole più ricollocamenti e chi non ne vuole affatto. Con una Germania sempre meno ‘solidale’ a dare alla riforma il bacio della morte.

Teneteveli

Per evitare la ‘pepa tencia’ si è ripiegato su una soluzione-toppa: gli accordi con ‘hub’ di emigrazione come Libia e Turchia. Da Bruxelles, Ankara ha ricevuto 3 miliardi in due anni per fermare gli sbarchi in Grecia. Ora Salvini vorrebbe ‘dirottare’ quei fondi sulla Libia, già oggetto dell’accordo del suo predecessore Marco Minniti (Pd): soldi alle milizie armate che controllano territorio e coste, purché i migranti vengano trattenuti nei fatiscenti campi libici. Una soluzione che però – come dimostrano gli sbarchi di questi giorni – lascia ampi poteri di ricatto alla Libia (come a Erdogan). “Abbiamo affidato i nostri confini a Libia e Turchia, e ora ne paghiamo le conseguenze”, sintetizza Lidia Baratta su ‘Linkiesta’. Insomma: l’Europa non si mette d’accordo e cerca di nascondere il problema sotto i tappeti d’oltremare, mentre i populisti ci marciano. Ma la sintesi più iconica della vicenda è in quella nave piena di Nessuno, lasciata a galleggiare sul limbo di Nettuno.

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