Confine

Venticinque anni dall’assassinio di don Renzo Beretta

Era il 20 gennaio del 1999 quando un migrante sferrò venticinque coltellate che costarono la vita al parroco di Ponte Chiasso

Don Beretta, al centro
(Ti-Press/Archivio)
18 gennaio 2024
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Sono passati 25 anni e il ricordo di quanto accaduto a Ponte Chiasso alle 15.35 del 20 gennaio 1999 sembra appartenere a un periodo molto più lontano nel tempo. Un quarto di secolo fa, nella parrocchia a ridosso della dogana stradale di Ponte Chiasso, un profugo egiziano con venticinque coltellate spezzò la vita di don Renzo Beretta, parroco di confine, e certificò la fine di una esperienza senza precedenti, quella dell’appartenenza a una comunità aperta all’accoglienza degli ultimi.

Attivo nell’aiuto ai migranti

In questi giorni a ricordare don Renzo è la Chiesa di Como, con un triduo di preghiera, che terminerà venerdì mattina nella chiesa Beata Vergine Immacolata di Ponte Chiasso, in preparazione alla Messa che sabato 20 gennaio, giorno dell’anniversario della morte di don Renzo Beretta, alle 18 sarà presieduta dal vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni. “Ricordiamo don Renzo con una frase che lo caratterizzava ‘Cara la mia gente’: parole semplici, efficaci che evidenziavano l'affetto che aveva per tutti. È importante fare memoria della sua testimonianza di bene, di generosità, di fraternità, di attenzione agli ultimi che ha lasciato a ciascuno di noi come preziosa eredità del Vangelo”, riflette don Angelo Pavesi, attuale parroco di Ponte Chiasso. Fare memoria significa soprattutto ricordare che don Renzo Beretta, nella torre grigia, imitazione fallita di un campanile, appiccata alla chiesa, aveva ricavato il primo e unico Centro svizzero per rifugiati e respinti in Italia: un rifugio per i profughi che provenienti dall’ex Jugoslavia a Ponte Chiasso cercavano di entrare in Svizzera, trovando in frontiera una saracinesca abbassata.

Nella torre grigia due appartamenti uno sopra l’altro, con otto letti, una sala in cui consumare i pasti, un bagno. C’era anche un altro locale adibito a dormitorio: una stanza accanto al portone centrale della chiesa, in grado di ospitare sino a cinquanta profughi. Era la Polizia di frontiera di Ponte Chiasso a bussare alla porta di don Renzo Beretta. Dal Centro svizzero per rifugiati e respinti nel corso degli anni sono transitati oltre 5mila profughi. Una presenza che, allora, così come succede attualmente a Como, non da tutti era approvata. A sostenere l’attività di don Renzo Beretta erano associazioni e privati svizzeri, soprattutto ticinesi. Per anni sul sagrato Beata Vergine Immacolata il 1° agosto si è celebrata la Festa nazionale svizzera dei rifugiati e dei respinti, alla presenza di personalità ticinesi, quali Dimitri, clown e mimo di fama internazionale e l’architetto Mario Botta, padre Kornelius Koch, prete scomodo, nonché sacerdote svizzero dei rifugiati e alcune anziane signore che da oltre Gottardo arrivavano a Ponte Chiasso. Un appuntamento cessato con la tragica morte di don Renzo Beretta.

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