Economia

‘Il tracollo di Credit Suisse non è colpa nostra, ma loro’

Per il direttore della Finma, ‘in ultima analisi sono i politici a decidere quali strumenti può impiegare l'autorità di vigilanza’

In sintesi:
  • Secondo Urban Angehrn, gli strumenti che l'autorità di vigilanza ha a disposizione sono sufficienti a garantire che gli operatori si assumano le proprie responsabilità e ripristinino la corretta situazione
  • ‘Il disastro di Credit Suisse è doloroso per tutte le persone coinvolte, soprattutto per i dipendenti e per gli investitori, ma all'origine degli errori la valutazione dell'istituto’
Urban Angehrn
(Keystone)
5 luglio 2023
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La responsabilità del tracollo di Credit Suisse è da attribuire alle scelte dei suoi dirigenti, non all'operato della Finma. Lo sostiene Urban Angehrn, direttore dell'autorità di vigilanza che di recente è tornata al centro di nuove critiche per quanto successo.

«Avrebbe dovuto essere l'autorità statale a risolvere il problema quando il consiglio di amministrazione e la direzione di Credit Suisse non convincevano più il mercato con le loro decisioni strategiche e il loro comportamento? Quando non erano più in grado di fermare la perdita di fiducia e il declino della banca?», si chiede il 58enne in un contributo pubblicato dalla Neue Zürcher Zeitung. Assolutamente no, risponde l'interessato.

«Il disastro di Credit Suisse è doloroso per tutte le persone coinvolte, soprattutto per i dipendenti e per gli investitori, ma all'origine degli errori di valutazione dell'istituto, della colossale perdita di fiducia e del fallimento dopo oltre 160 anni di attività vi sono il management strategico e operativo», afferma l'ex capo degli investimenti del gruppo assicurativo Zurich. «L'autorità di vigilanza non può e non deve sostituirsi al consiglio di amministrazione e alla direzione generale, né prescrivere una strategia per la banca, né tanto meno effettuare la gestione del rischio e neppure prendere decisioni operative o assicurarsi la fiducia di clienti e investitori. In particolare, non può assumere il ruolo dei proprietari, cioè degli azionisti».

«Il compito legale principale della Finma è quello di proteggere i creditori e di mantenere il funzionamento del mercato finanziario svizzero – prosegue l'esperto con laurea in fisica teorica al Politecnico federale di Zurigo e dottorato in matematica a Harvard –. Nel caso di Credit Suisse abbiamo raggiunto questi obiettivi fondamentali, grazie alla stretta collaborazione con la Banca nazionale e con il Dipartimento delle finanze. I clienti di Credit Suisse hanno sempre avuto accesso ai loro conti, ai loro prestiti e agli altri servizi bancari. La Svizzera come piazza economica e il sistema finanziario globale sono sopravvissuti alla scomparsa di un istituto di rilevanza sistemica internazionale senza subire danni rilevanti».

Il parlamento ha definito le basi legali e quindi le condizioni quadro per il lavoro della Finma. «Nell'ambito di queste linee guida negli ultimi anni abbiamo posto un forte accento sul rischio nella vigilanza di Credit Suisse. Siamo intervenuti in numerosi problemi della banca, in modo attivo e deciso. Abbiamo preso provvedimenti, condotto procedimenti ed emesso sentenze perché i responsabili del Credit Suisse non hanno reagito in modo adeguato».

Secondo Angehrn di norma gli strumenti della Finma sono sufficienti a garantire che gli operatori sottoposti a vigilanza si assumano le proprie responsabilità e ripristinino la corretta situazione. «In casi estremi, tuttavia, le nostre competenze raggiungono i loro limiti, come hanno dimostrato gli eventi relativi a Credit Suisse».

«Quali strumenti mancano? In ultima analisi, sono i politici a decidere quali strumenti l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari può o no utilizzare per il suo lavoro. E le lezioni di questa crisi devono ancora essere apprese. Va inoltre sottolineato che, anche con nuovi strumenti, la Finma non potrà mai controllare ogni crisi e fornire una supervisione completa».

Sulla base dell'esperienza recente, l'autorità vede però tre aree in cui strumenti più forti potrebbero aiutarla. «In primo luogo, la Finma vorrebbe essere in grado di fornire informazioni più attive sulle proprie attività di vigilanza, rafforzando così la fiducia nella piazza finanziaria. In secondo luogo, vorrebbe avere la possibilità di imporre sanzioni pecuniarie: è una prassi consolidata in altri centri finanziari e rafforza l'effetto precauzionale della vigilanza. Terzo, la Finma auspica che le società sottoposte a vigilanza attribuiscano chiaramente la responsabilità alle persone che ne fanno parte: ciò rafforza la cultura aziendale, aumenta la consapevolezza del rischio e facilita l'intervento dell'autorità nei confronti dei dirigenti».

Nessuna modifica, agli occhi dello specialista, è invece necessaria in relazione gli obiettivi fondamentali: la Finma è un'autorità di vigilanza, non è destinata a sostituire i dirigenti delle imprese, e non sarà nemmeno un'autorità penale in futuro, viene sottolineato.

Angehrn ricorda anche che l'operato della Finma – e di altre autorità – sarà analizzato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta, mentre nel contempo il Consiglio federale sta sottoponendo a nuova valutazione la regolamentazione delle banche di rilevanza sistemica. «La Finma attende questi chiarimenti con spirito aperto», assicura l'autore del contributo per la Nzz, giornale che recentemente aveva ospitato critiche nei confronti dei funzionari bernesi. «Naturalmente, anche noi analizzeremo nel dettaglio le nostre azioni e le nostre possibilità di intervento». Sulla base delle «fondate critiche e autocritiche» dovranno poi essere tratte lezioni. «Una forte vigilanza sui mercati finanziari è nell'interesse di tutti, ma soprattutto nell'interesse di una piazza finanziaria svizzera forte e di successo», conclude Angehrn, direttore della Finma dal primo novembre 2021.

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