Economia

Ubs completa l'acquisizione di Credit Suisse

La banca a tre chiavi afferma che ‘l'obiettivo è garantire la stabilità’. Gli azionisti di Cs riceveranno un'azione Ubs per ogni 22,48 possedute

Sergio Ermotti
(Keystone)
12 giugno 2023
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“Un importante traguardo”. Ieri Ubs ha annunciato così la chiusura legale dell’acquisizione della rivale Credit Suisse. La Svizzera assiste dunque, se non alla nascita – avvenuta piuttosto al momento dell’annuncio di acquisto, lo scorso 19 marzo –, quantomeno al battesimo della nuova banca ‘megasistemica’. “È l’inizio di un nuovo capitolo”, hanno scritto il Ceo di Ubs Sergio Ermotti e il presidente del Consiglio d’amministrazione Colm Kelleher in una lettera aperta affidata ai media del Paese.

Due istituti sproporzionati

Ora si prevede che le azioni dell’ex seconda banca svizzera – fondata il 5 luglio 1856 da Alfred Escher – saranno ‘delistati’ (ovvero ritirati) dalla Borsa di New York e da quella di Zurigo. Gli azionisti di Credit Suisse riceveranno un’azione Ubs ogni 22,48 azioni Cs possedute: tante ne servono per ‘comprare’ al valore di mercato odierno un singolo titolo della nuova ‘casa madre’, la holding Ubs Group AG. Il che la dice lunga sulla sproporzione venutasi a creare tra le due banche: «È una sorprendente – e triste – realtà constatare come il Credit Suisse rappresenti oggi solo il 5% del valore della banca che risulta dalla fusione con Ubs», osserva Henry Peter, professore di Diritto societario e finanziario all’Università di Ginevra e fine conoscitore del settore fusioni e acquisizioni.

Tutto di corsa

Una cosa è certa: è andato tutto molto rapidamente. «Abbiamo assistito in soli tre mesi a un processo di assorbimento che normalmente è estremamente lungo e complesso anche dal punto di vista giuridico», chiosa Peter, «una tempistica resa possibile dalle condizioni di urgenza in cui si è operato: in deroga al diritto societario svizzero e mettendo almeno temporaneamente in secondo piano gli aspetti problematici relativi alla concorrenza. Le autorità svizzere hanno perfino permesso di concretizzare l’operazione senza bisogno della consueta approvazione da parte delle rispettive assemblee generali degli azionisti».

Questioni di marchio

Ora in molti si chiedono che ne sarà del marchio Credit Suisse: possiamo aspettarci di vederne smontare le insegne dalle piazze svizzere? Per ora si direbbe di no, stando anche a quanto dichiarato dal management, ma è presto per dire se, quando e dove il logo con le due vele verrà liquidato. Secondo Peter «i due marchi Ubs e Cs potrebbero continuare almeno in parte a esistere separatamente, anche in presenza di una progressiva centralizzazione di certe funzioni. Ma si tratta di ipotesi. Molto dipende da quello che si deciderà di fare rispettivamente in Svizzera e all’estero, ma anche nei distinti rami della gestione patrimoniale, redditizia e poco rischiosa, e delle attività di banca d’affari, potenzialmente ancora più redditizie ma anche molto più rischiose. È possibile ad esempio che Ermotti – per accelerare la fusione all’estero ed evitare doppioni – riunisca le attività fuori dalla Svizzera sotto un unico marchio, in particolare per quanto concerne l’investment banking, evitando invece di fare lo stesso nella Confederazione e specificamente nel patrimoniale. Oltre alle considerazioni economiche e di marketing giocheranno un ruolo quelle sociali, riguardanti gli impieghi».

Infine, nota Peter, «saranno decisive le condizioni che potrebbero porre le autorità – in Svizzera come all’estero – in riferimento al diritto della concorrenza e al rischio sistemico: è possibile ad esempio che una parte del Credit Suisse, una volta ristrutturato, debba essere ceduta o quotata in borsa. In altre parole, la Finma o altre autorità potrebbero imporre – o tentare di imporre – uno scorporo, per evitare posizioni dominanti e realtà problematiche dal punto di vista dei criteri e normative ‘too big to fail’».

Lavoro ancora in bilico e uno su dieci se ne va

Ma intanto Ubs continuerebbe a non fornire alcuna indicazione circa le ripercussioni dell’acquisizione sui posti di lavoro: lo denuncia l’Associazione svizzera degli impiegati di banca (Asib) che sollecita nuovamente l’apertura di negoziati sul tema. “Questo gioco a nascondino deve finire”, si legge in un comunicato, “da 85 giorni i dipendenti vivono nell’incertezza sul loro futuro professionale”. A ciò si aggiungerebbe la disparità di trattamento tra i dipendenti di Ubs e quelli di Cs, con le linee rosse circa Paesi, operazioni e clienti ‘proibiti’ recentemente definite solo per le attività commerciali del personale di quest’ultima banca.

Per quanto riguarda tali linee, Ermotti fa sapere che la società si limita a mettere in pratica ciò che è stato già annunciato: “La banca sarà gestita secondo la filosofia della cultura e dell’assunzione di rischi che è propria di Ubs”. Intanto è lui stesso ad annunciare che “circa il 10% della forza lavoro ha lasciato la banca negli ultimi mesi, anche prima dell’acquisizione”. Per il Ceo, il fatto che molti abbiano deciso volontariamente di andarsene presenta anche dei vantaggi: “Contribuisce in parte a mitigare i costi sociali, il che ci rende felici”, ha commentato il dirigente. Inoltre le numerose partenze del personale dimostrerebbero che c’è concorrenza “e che ci sono persone disposte ad assumere”. Per il manager, infine, l’acquisizione definitiva avvenuta oggi è un passo importante che consentirà di lavorare in modo molto più efficace: “Per esempio, abbiamo accesso a tutte le informazioni di Cs che fino a ieri non avevamo: quindi possiamo anche iniziare il lavoro di integrazione”.

L’Asib chiede però un processo trasparente, il mantenimento del maggior numero possibile di impieghi in Svizzera, la parità di trattamento per tutti i dipendenti, un piano sociale comune e ampliato, nonché una maggiore protezione contro il licenziamento per i dipendenti di età superiore ai 55 anni. “Il presupposto fondamentale per un’integrazione di successo è rappresentato da collaboratori qualificati e motivati: hanno bisogno di informazioni, affidabilità e meritano apprezzamento”, afferma l’organismo.

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