Economia

Credit Suisse ammaina la bandiera

La società rimane però attiva – ha un Cda rieletto – ed è pronta a convolare a nozze con Ubs, nel matrimonio combinato dal Consiglio federale

(Keystone)
4 aprile 2023
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Credit Suisse ammaina la bandiera con un'ultima assemblea generale meno movimentata, forse, di quanto ci si potesse attendere alla vigilia: gli interventi degli azionisti non sono mancati, ma il clima generale più che di protesta è sembrato di rassegnazione. La società rimane attiva – ha un consiglio di amministrazione (Cda) rieletto – ed è pronta a convolare a nozze con Ubs, nel matrimonio combinato dal Consiglio federale.

Come noto sull'acquisizione i proprietari dell'azienda non avevano nulla da dire, come peraltro nulla possono dire quelli di Ubs (che si riuniscono domani), in ossequio all'applicazione del diritto d'urgenza voluto dal governo. Il tutto nell'ambito di un piano di salvataggio (ma l'esecutivo preferisce l'aggettivo "commerciale") sostenuto da prestiti e garanzie pubbliche per complessivi 259 miliardi di franchi.

La riunione è cominciata puntuale alle 10.30 all'Hallenstadion di Zurigo-Oerlikon, in un quadro caratterizzato da severi controlli ("Sono venuto senza la pistola", si è poi lamentato un azionista in tribuna) e dalla presenza della polizia, nonché di numerosi addetti alla sicurezza privati. Non si sono comunque registrati disordini particolari, sebbene non sia mancata una piccola protesta di attivisti per il clima all'esterno della struttura. All'assemblea annuale – la prima stanziale dal 2019, dopo tre anni su cui hanno inciso le restrizioni anti-Covid – si erano annunciati 2'000 azionisti, molti più dei 1'300 di quattro anni or sono. Ma oggi l'appuntamento era con la storia: si trattava infatti dell'ultimo incontro societario per un'impresa che ha quasi 167 anni, essendo nata il 5 luglio 1856, e che è stata per decenni il fiore all'occhiello di Zurigo.

Ad aprire i lavori è stato il presidente del Cda Axel Lehmann, che ha subito fatto mea culpa. "Mi scuso per non essere stato in grado di fermare la perdita di fiducia che si è accumulata nel corso degli anni, per aver deluso tutti voi", ha affermato il 64enne. Il manager ha detto di essere consapevole che il giorno è triste. "Posso percepire l'amarezza, la rabbia, lo shock di tutti coloro che sono delusi da questi sviluppi, che si sentono presi alla sprovvista, che ne sono colpiti".

Ora però bisogna concentrarsi sul futuro, ha detto l'oratore. "Non si può fare nulla per la rovina di Credit Suisse, per le circostanze e per i vari fattori che l'hanno influenzata". Insieme al presidente di Ubs Colm Kelleher e al nuovo Ceo di Ubs Sergio Ermotti, Lehmann lavorerà fino alla fine per trovare le "migliori soluzioni possibili" per i dipendenti. Allo stesso tempo, il presidente del Cda ha ringraziato gli azionisti, i dipendenti e Ubs. La fusione delle due grandi banche apre "nuove prospettive per tutti".

Sulla stessa lunghezza d'onda si è espresso il Ceo di Credit Suisse Ulrich Körner: l'acquisizione da parte di Ubs era alla fine "l'unica via praticabile". Il dirigente ha sostenuto che il suo istituto "non aveva più tempo" per agire altrimenti. Il risultato annuale del 2022 – con una perdita netta di 7,3 miliardi di franchi (seguita già a un rosso di 1,6 miliardi l'anno prima) e deflussi per 123 miliardi di franchi – è "assolutamente inaccettabile", ha sottolineato. Ma ha anche dimostrato la necessità della nuova strategia annunciata a fine ottobre 2022. "Ci abbiamo lavorato con anima e corpo fino all'ultimo minuto".

Ora sta nascendo qualcosa di nuovo: l'integrazione di Cs in Ubs riunirà due dei principali gestori patrimoniali del mondo e due forti banche svizzere per creare una "società di servizi finanziari globali ancora più forte", si è detto convinto Körner. A suo avviso "lo spirito imprenditoriale dei dipendenti" rimarrà nella nuova entità.

Del personale si è parlato assai poco nelle cinque ore di assemblea, cosa peraltro normale visto che la riunione concerneva chi ha le leve del fattore capitale. Ma anche in quest'ultimo ambito non sono emerse novità: sebbene sollecitato da diversi azionisti, Lehmann non è entrato nei dettagli del piano di acquisizione da parte di Ubs stabilito nel fine settimana culminato nella conferenza stampa indetta dal Consiglio federale domenica 19 marzo.

Un azionista aveva posto numerose domande sulle varie decisioni relative all'acquisizione. In particolare desiderava sapere chi si fosse rivolto per primo a chi e come si fosse sviluppato esattamente il deflusso dei fondi dei clienti in quei giorni. Chiedeva pure informazioni sul prezzo di acquisto (Ubs paga agli azionisti di Cs 1 azione Ubs per 22,48 azioni Cs), pari a 3 miliardi di franchi al momento dell'annuncio. Un grande affare per Ubs, pensano in molti. Lehmann non ha però reagito, né ha voluto commentare l'andamento della banca nel primo trimestre: i dati saranno diffusi il 27 aprile.

Come si ricorderà erano già stati stralciati dall'ordine del giorno negli scorsi giorni due punti importanti quali il discarico – cioè l'atto formale che mette i vertici al riparo da azioni di responsabilità – e la richiesta di un cosiddetto bonus di trasformazione per i componenti della direzione, una gratifica per complessivi 30 milioni di franchi che sarebbe stata erogata in caso di successo nella fase di ristrutturazione in cui era impegnata la grande banca, prima di essere travolta da una crisi di fiducia e di liquidità.

Gli azionisti hanno quindi votato sui conti (approvati con il 61,4%) e sul rapporto sulle remunerazioni, accolto di strettissima misura (50,1%), con un voto peraltro solo consultivo. Gli azionisti hanno per contro respinto l'idea – giunta dai loro ranghi – di procedere a una revisione straordinaria in relazione all'acquisizione da parte di Ubs: la proposta ha raccolto una percentuale limitata di sì, parecchi hanno votato no, ma un voto su due è stato all'insegna dell'astensione. L'assemblea ha anche detto no ai compensi per la direzione per le prossime settimane, sino all'acquisizione da parte di Ubs: i sì sono stati insufficienti, solo il 48,2%, la gran parte dei presenti si è astenuta.

Sono stati per contro rieletti i sette membri del Cda che chiedevano la conferma del loro mandato, primo fra tutti il presidente Axel Lehmann. Gli azionisti hanno dato la loro approvazione con percentuali di voto comprese fra il 50% e il 56%. In precedenza Lehmann aveva sottolineato quanto fosse importante confermare i sette manager: è infatti il numero minimo fissato dagli statuti. Cinque dei dodici membri non hanno auspicato la rielezione. "Abbiamo ancora bisogno di un consiglio di amministrazione per due o tre mesi", ha detto il presidente. Servirà per portare avanti la "fase di transizione" verso la fusione con Ubs.

In precedenza numerosi azionisti avevano dato libero sfogo alla loro rabbia e alla frustrazione. Sono stati criticati i vertici della banca, ma anche l'autorità di vigilanza Finma e la consigliera federale Karin Keller-Sutter. "Come azionista mi sento bidonato e sono anche deluso dai politici", ha sintetizzato la situazione un detentore di titoli Cs. In sala è scoppiato un ampio applauso.

Ma dopo quasi cinque ore di riunione sono arrivati anche gli applausi a scena aperta per Lehmann: un azionista ha approfittato dell'intervento per mostrare il suo apprezzamento per il modo molto professionale in cui il presidente stava portando avanti il difficile compito odierno. "Complimenti!", ha detto e la sala ha battuto le mani. Ulteriori manifestazioni di assenso sono giunte subito dopo quando il 64enne, sollecitato da un altro azionista, è tornato a scusarsi personalmente per quanto accaduto alla società.

Le ultime parole pronunciate da Lehmann sono state all'insegna della tristezza per un passato che tramonta, ma anche di speranza per il nuovo futuro in seno a Ubs. Alle 15.28 l'assemblea finisce: spazio all'aperitivo, che un tempo era un momento saliente dell'appuntamento annuale. Oggi avrà avuto un sapore speciale.

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