Economia

Quel business del futuro - Il caso di qiibee

La tecnologia blockchain, alla base delle valute digitali, sta diventando un asset per esplorare nuovi mercati e attività innovative

Gli spazi della Crypto Valley di Zugo (Foto Keystone)
20 ottobre 2018
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Sono ormai centinaia le aziende che operano nella Crypto Valley di Zugo che stando alla società PwC vale già oltre 44
miliardi di dollari. Stando all’ultimo censimento svolto dalle società di consulenza Lakeside Partners e IT Inacta risalente allo scorso marzo, sono più di 350 le aziende che basano il loro business sulla tecnologia blockchain. Il registro è pubblico e consultabile sul sito web crypotvalley.directory. Investitori, enti pubblici e semplicemente interessati in questo modo possono farsi facilmente un’idea di quanto sta avvenendo in un settore che per i più informati (apparentemente) è riconducibile solo alle valute digitali e in particolare ai Bitcoin. Il grande pubblico
quando sente parlare di blockchain la lega in modo quasi pavloviano, a maneggi – non sempre chiari – delle valute
elettroniche. In pratica si vede solo la parte più superficiale e percepibile di un iceberg che è fatto da imprese che operano nei campi più disparati e che hanno però in comune la tecnologia su cui basano il loro modello aziendale.
«In realtà c’è molto di più dietro questa semplificazione divulgativa», ci spiega Gabriele Giancola, Ceo di qiibee, start-up svizzera che opera appunto nella Crypto Valley di Zugo e ha messo a punto un sistema – basato sulla blockchain – per la gestione dei punti fedeltà delle grandi reti di distribuzione. Giancola, di formazione economista aziendale (ha studiato management all’Università di San Gallo), ha avviato la sua impresa con suo fratello Gianluca che è un designer.

Ma che cosa è la blockchain, spiegata in modo molto semplice?
È un sistema informatico criptato decentrato, quindi più sicuro di altri già in uso, in grado di verificare che una determinata azione che si verifica in rete, sia univoca. In pratica, grazie al fatto che il codice di un ordine, formato da una serie di numeri alfanumerici posseduti da vari punti delle rete (server decentralizzati), è valido solo se tutti i server lo riconoscono come legittimo. In pratica aumenta il livello di fiducia dei singoli utenti.
E cosa si può fare con la blockchain che non è possibile fare con le tradizionali tecnologie informatiche che ogni giorno usiamo?
Per esempio gli ‘smart contract’ o contratti intelligenti. Uno smart contract non è altro che ‘traduzione’ o “trasposizione” in codice informatico di un classico contratto in modo da verificare in automatico l’avverarsi di determinate condizioni (controllo di dati di base del contratto) e di autoeseguire in automatico azioni (o dare disposizione affinché si possano eseguire determinate azioni) nel momento in cui le condizioni determinate
tra le parti sono raggiunte e verificate. In altre parole lo smart contract è basato su un codice che ‘legge” sia le
clausole che sono state concordate sia la condizioni operative nelle quali devono verificarsi le condizioni concordate e si autoesegue automaticamente nel momento in cui i dati riferiti alle situazioni reali corrispondono ai dati riferiti alle
condizioni e alle clausole concordate. È facilmente comprensibile che tutti i tipi di contratto, dagli abbonamenti alle
licenze di software, alle transazioni finanziarie, fino alle polizze assicurative, possono essere gestiti con più sicurezza
ed efficacia con la tecnologia blockchain.

Punti fedeltà che possono diventare beni quotati o denaro contante
Il business di qiibee tenta di entrare in un ambito – quello delle carte fedeltà che tutti noi abbiamo in tasca (dai supermercati, ai distributori di benzina) – trasferendo la raccolta di punti fedeltà sulla blockchain. «L’innovazione e il progresso tecnologico stimolano le imprese, ma i programmi fedeltà per i clienti sono rimasti fermi al passato», ci spiega Gabriele Giancola. «Oggi i consumatori si attendono fedeltà, comodità e libera scelta nell’effettuare gli acquisti. Queste stesse attese sono rivolte anche ai programmi fedeltà».
L’idea di qiibee – accettata da una delle principali associazioni di aziende commerciali italiane in franchising (Confimprese) – è quella di accreditare sulle carte fedeltà ‘tokens’ o ‘coins’ (monete virtuali,ndr) che possono essere scambiate con altre cryptovalute o addirittura con moneta contante.
La proposta di qiibee si rivolge a 300 marchi, tra i più noti in Italia: Lavazza, Mondadori e Agip, per citarne solo alcuni.
In tutto i membri di Confimprese dispongono di 30mila punti vendita. Qiibee è in trattative con alcuni di essi. Al
momento – spiega Giancola – il problema più grande degli attuali programmi di fidelizzazione sta nel fatto che la maggioranza dei clienti pensa ai punti fedeltà solo al momento degli acquisti e non sempre questi punti vengono spesi sotto forma di buoni acquisto. Con qiibee il concetto viene completamente rivoluzionato.
«Sapendo che i loro punti possono essere raccolti in tutto l’ecosistema di punti vendita aderenti e che possono diventare ‘moneta’ contante, i clienti saranno maggiormente coinvolti e incentivati a fare acquisti. Se i token –quotati su una piattaforma di scambio – aumentassero di valore, allora i clienti sarebbero anche pronti a consultare più regolarmente il loro credito e sarebbero pronti a riscuotere i loro premi o cambiare i punti fedeltà in cryptovalute o denaro contante», aggiunge Giancola.
Quello di qiibee non è che uno dei modelli di business che si stanno sviluppando nella Crypto Valley di Zugo che, come
tutti i settori nascenti, è soggetto a rapide evoluzioni. Solo rischiando e mettendosi in gioco si saprà se qualcosa di concreto rimarrà sul territorio.

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