Economia

‘In aula nessuna prova’

7 novembre 2015
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Hervé Falciani, dal suo rifugio in Francia, commenta, a ‘laRegione’, il processo a suo carico, terminato ieri: ‘Questa non è giustizia, la Svizzera sta difendendo la sua immagine: è un processo farsa, non c’è nessuna prova’. Truffatore o Robin Hood della trasparenza fiscale? La sentenza, dei giudici del Tribunale penale federale, è attesa per il 27 novembre. L’accusa chiede 6 anni, la difesa 2 (sospesi).

Ha messo a segno il furto di dati bancari del secolo, ha svelato i segreti dei grandi evasori fiscali d’Europa e sgretolato uno dei tabù finanziari più inossidabili: il segreto bancario svizzero. Sono gli ingredienti del processo appena terminato a Bellinzona, senza il suo protagonista principale, Hervé Falciani: il 43enne italo-francese accusato di avere copiato, dal 2006 al 2008, dati bancari della filiale ginevrina di Hsbc dove lavorava e di averli in seguito, dal 2008 al 2014, resi accessibili a ditte private ed enti pubblici di più Paesi. Fuggito da Ginevra nel dicembre 2008 dopo un primo interrogatorio di polizia, Falciani non ha più messo piede in Svizzera, ora vive in Francia, dove lo abbiamo raggiunto in serata, via Skype, per un commento a caldo sul processo: «Quello che tutti finalmente hanno potuto osservare è che l’accusa non ha nulla, è un processo farsa, senza prove, con testimoni che hanno detto il contrario di quanto affermato durante l’inchiesta», dice Hervé Falciani. L’inchiesta è durata sette anni. «Sette anni di indagini per non scovare nulla. E solo qualche mese di indagine sulla banca Hsbc: se avessero investito più tempo a scavare sull’istituto che cosa avrebbero potuto scoprire?», rilancia Falciani. Un processo che, per ammissione del procuratore Bulletti, non è riuscito a dimostrare che Falciani abbia venduto i dati prelevati dalla banca; un processo disertato dall’imputato, giudicato in contumacia per spionaggio economico, acquisizione illecita di dati e violazione del segreto bancario.

Perché non partecipare al processo a Bellinzona e raccontare la propria verità? Lo chiediamo al diretto interessato: «In Svizzera non ci sono le condizioni per un processo giusto ed equo» dice. Insistiamo per capire meglio: «Questo non è un processo. La Svizzera sta difendendo se stessa, la sua reputazione, la reputazione di una banca, nascondendo verità scomode». Lo scorso giugno, la Hsbc ha versato 40 milioni di franchi alle autorità ginevrine, mettendo così fine a un procedimento per riciclaggio di denaro aggravato aperto contro la banca in febbraio. Falciani ha vissuto per anni sotto protezione, ha collaborato con magistrati e autorità fiscali di diversi Paesi. Gli chiediamo se rifarebbe tutto:  «Lo rifarei, ma con una preparazione migliore perché altri possano approfittare della mia esperienza», dice.

Anche quando ci sarà la sentenza, lui continuerà a dividere l’opinione pubblica: per alcuni è il Robin hood che, svelando i segreti di grandi evasori fiscali d’Europa, ha scardinato il segreto bancario elvetico; per altri è un ladro che ha cercato di mercanteggiare dati bancari rubati. Lui replica: «È una lotta, non siamo angioletti. Preferisco essere macchiato del sangue di una banca che mangiare grazie ai i soldi dei narcotrafficanti». A chi lo giudica un cattivo senza scrupoli, risponde: «Guardate che cosa è emerso durante il processo: nessuna prova, nessun elemento». Per Falciani, la lotta all’opacità del sistema finanziario sembra diventata una missione. I dati rubati Ginevra hanno permesso lo scorso febbraio a un consorzio di media di oltre 40 Paesi tra cui la Svizzera, nell’operazione ‘SwissLeaks’, di rivelare che non solo evasori fiscali, ma anche trafficanti di droga e finanziatori del terrorismo islamico figuravano fra i clienti della banca Hsbc. «Continuo ciò che amo fare, non lavoravo in banca per aiutare i mafiosi». Un uomo scomodo: «Sono protetto perché gli interessi in gioco sono enormi. Vedremo la sentenza, ma saranno gli altri Paesi a giudicare come si comporta la Svizzera».

 

L'accusa

Quella del cavaliere bianco senza secondi fini è una menzogna

Sei anni di reclusione: è la pena chiesta ieri dal procuratore federale Carlo Bulletti al processo tenutosi a Bellinzona contro Hervé Falciani. Il magistrato ha invitato i giudici del Tribunale penale federale (Tpf) a condannare l’informatico franco-italiano, assente dai dibattimenti, per spionaggio economico, acquisizione illecita di dati e violazione del segreto bancario. La difesa chiede invece al massimo due anni, con possibilità di sospensione condizionale. Laurent Moreillon, avvocato della banca Hsbc, dove lavorava Falciani e costituitasi parte civile, si allinea alla richiesta del procuratore, auspicando in particolar modo una pena pesante. Per l’accusa è offensivo nei confronti dei “whistleblower” dire che Falciani sia uno di questi individui che denunciano pubblicamente o riferiscono alle autorità attività fraudolente all’interno di un’azienda. Tutta la costruzione del nobile cavaliere senza secondi fini è solo un intreccio di menzogne, ha detto Bulletti nella sua requisitoria. “Non sappiamo se Falciani si è fatto pagare per trasmettere i dati della filiale ginevrina di Hsbc in suo possesso, ma questo non è importante” per formulare una condanna. Per Bulletti si è di fronte a un caso grave di spionaggio economico (ai sensi dell’articolo 273 del Codice penale), considerati sia la durata dell’attività criminale sia il valore dei segreti traditi, che ha costretto la Svizzera ad affrontare una crisi diplomatica. Il legale della banca Moreillon ha denunciato i danni collaterali “inestimabili” commessi dall’accusato. L’ex informatico della Hsbc si è appropriato dell’equivalente di 2’600’000 pagine, o ancora, più di 5’300 raccoglitori federali di dati non elaborati, informazioni inutili ma anche sensibili, ha precisato. La divulgazione di dati ha interessato una gran maggioranza di clienti onesti, secondo l’avvocato della Hsbc. Moreillon ha inoltre ricordato come Falciani continui a proporre i suoi servizi a Stati esteri.

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