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Joe Haider tra Slide Hampton e Dexter Gordon (sobrio)

Giovedì 30 marzo alle 20.30, al Teatro del Gatto di Ascona, tributo al leggendario trombonista. A colloquio con il pianista tedesco

86enne pianista tedesco
26 marzo 2023
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Questo sembra essere almeno il terzo “ultimo tour d'addio” di Joe Haider. L'ormai 86enne musicista tedesco, figura di spicco del jazz europeo, si esercita ancora quotidianamente, si circonda di giovani musicisti ambiziosi, funge da mentore e da promotore e, soprattutto, tira fuori regolarmente dal cilindro nuovi entusiasmanti progetti che, grazie alla formazione selezionata, soddisfano sempre i più alti standard musicali. Giovedì 30 marzo alle 20.30, al Teatro del Gatto di Ascona, Haider approda al Jazz Cat Club con una formazione di dodici musicisti che ricorderà l’orchestra messa in piedi nel 1973 assieme al leggendario trombonista Slide Hampton…

Compositore, arrangiatore, trombonista che ha suonato con un’infinità di grandi artisti jazz. Ottant'anni di carriera, una leggenda. Ma chi era Slide Hampton dal suo punto di vista? Intendo umanamente e artisticamente, e che cosa faceva di lui un musicista eccezionale?

Tante cose assieme. Come trombonista era fenomenale e a questo talento univa una grande capacità di arrangiare e comporre. Aveva una speciale propensione a essere un leader e una grande capacità di combinare le diverse voci dell'orchestra. Ha diretto così tante band e su tutte lasciava un’impronta inconfondibile. Era molto legato alla tradizione delle big band, non necessariamente alla formula di Count Basie, piuttosto a quella dei suoi grandi riferimenti come Thad Jones e Dizzy Gillespie. Un meraviglioso musicista e collega. La musica era per lui tutto ciò che contava. Era un vero perfezionista e quando si suonava esigeva la massima concentrazione, tutto doveva essere esatto.

E come persona?

Un’ottima persona, ma come detto la musica era la sua priorità.

Voi come vi siete conosciuti? Come è nata la Slide Hampton/Joe Haider Orchestra?

Ho incontrato Slide nel 1972 al Jazz Club Domicile di Monaco, dove ero pianista e leader del trio di casa e dove ho avuto modo di suonare con grandi musicisti che passavano al club. Lì un bel giorno arriva, appunto, il sestetto di Slide. Ci siamo parlati ed è così che nata l’idea di fare qualcosa assieme. Abbiamo fondato la band. Lui ha scelto sei musicisti, io altri sei.

Come lavoravate assieme? E quanto è andata avanti l’orchestra?

Per la musica è andata come per i musicisti, lui ha scritto sei arrangiamenti e io sei. Non abbiamo quindi lavorato fianco a fianco, anche se naturalmente ci consultavamo e ne discutevamo. Le cose sono andate in fretta. Nel marzo del 1973 abbiamo provato per tre giorni al Domicile, in tre giorni abbiamo poi registrato un album doppio, e quindi siamo partiti per quattordici giorni in tour. La cosa è durata per un paio di anni. In tutto, inframezzati da pause, avremo fatto una cinquantina di concerti.

L’album a cui allude è ‘Give Me a Double’, quello col seno in copertina?

Sì quello. Occorreva una trovata da associare all’idea di coppia e di doppio. Il seno è stata una libera interpretazione della grafica: noi avevamo in testa altro, diciamo più pertinente all’anatomia maschile (ride, ndr).

Nella band suonava anche un certo Dexter Gordon…

Uno dei musicisti portati da Slide, un artista fenomenale. Nessuno suonava il sax come lui. Che cosa non riusciva a tirar fuori come suono da quello strumento... Un dio del sax. E in quel tour non bevve una goccia d'alcool!

Certo che anche lei come musicista non scherza: sessant'anni di carriera, ha lavorato con grandissimi artisti, è stato leader di trii, quartetti, quintetti, sestetti, ha composto e arrangiato e diretto big band. Quali sono state le sue più grandi soddisfazioni?

È difficile da dire! In sessant'anni di musica ho vissuto varie fasi. Sicuramente una prima highlight è stata la collaborazione con Slide Hampton e la fondazione di quell’orchestra, la prima che ho avuto. Poi sì, ho fatto un po’ di cose, più recentemente un trio con il progetto ‘Portrait of Bill Evans’. Che dire? Ho fatto musica per sessant’anni con passione, amore, con tutta l’anima; ci sono stati alti e bassi, ma una cosa è sicura, per me è come per Slide: la musica è sempre stata al primo posto. Per questo ho sempre avuto anche tante donne.

Fa per dire…

Che mi sono sposato più volte (ride, ndr).

Tra la metà degli anni 80 e la metà degli anni 90 lei ha diretto anche per una decina di anni la Swiss Jazz School di Berna…

Sì, e dopo dieci anni ne avevo piene le tasche perché avevo l’impressione di ripetermi e non mi piaceva più quell’insegnamento troppo accademico. Il modo in cui si insegna il jazz ai nostri giorni è una gran rottura. Manca la formazione con l’ascolto e la formazione ritmica, che sono molto più importanti di tanti aspetti tecnici trattati oggi. E poi bisogna suonare, provare e suonare! Il batterista e insegnante Ed Thigpen (quello che suonava con Oscar Peterson) mi diceva di buttare via tutto il materiale didattico. Non sono riuscito a farlo e quindi mi sono allontanato dalla scuola. Non mi piaceva proprio più.

Ci parli un po’ di questo Slide Hampton Project. Suonerete i brani originali di allora composti e arrangiati lei e da Hampton? Quali sono i musicisti principali su cui si appoggia?

Nel 2023, il progetto con Slide festeggia cinquant'anni. A suggerirmi di celebrare l’anniversario è stato il trombettista Claus Reichstaller, professore e direttore del Jazz Insitut di Monaco. L’idea mi è piaciuta e così ci siamo messi a cercare i musicisti, visto che dell’orchestra originale ne sono ancora in attività solo due, il trombonista Eric van Lier e io. Abbiamo messo su una gran bella formazione, in buona parte composta da ex allievi che ho seguito. Con la stessa composizione strumentale di allora e con l’idea di riproporre gli stessi arrangiamenti, saremo in tournée nelle prossime settimane con una decina di date in vari paesi europei (prevendita online www.jazzcatclub.ch).

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