Società

La ‘corte suprema’ di Facebook finalmente operativa

Primi verdetti dell'organismo indipendente voluto da Zuckerberg. Ribaltate diverse decisioni, tra cui una riguardante la disinformazione medica

Attendendo la decisione su Trump (Keystone)
30 gennaio 2021
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Una foto per sensibilizzare sulla prevenzione del tumore al seno in cui si vedevano dei capezzoli scoperti; una citazione, peraltro errata, di Joseph Goebbels riportata in un post per tracciare inquietanti similitudini con le campagne politiche di Trump; un post in cui si attribuiscono problemi psicologici ai musulmani in quanto darebbero più importanza ad alcune vignette pubblicate in Europa rispetto alla persecuzione degli uiguri in Cina. Sono tra i primi casi di contenuti vittime delle regole di moderazione di Facebook e Instagram su cui si è pronunciato l’Oversight Board, la “corte suprema di Facebook”.

Si tratta di un organismo indipendente voluto da Mark Zuckerberg per giudicare le contestazioni sugli interventi di moderazione del social network. Annunciato nel 2018, l’Oversight Board è diventato operativo negli scorsi mesi, anche se il consiglio non è ancora al completo: al momento sono stati nominati solo venti dei quaranta membri previsti. Tra di essi, l’attivista yemenita e premio Nobel per la pace Tawakkol Karman, la ex prima ministra danese Helle Thorning-Schmidt, l’ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo András Sajó, il giornalista britannico Alan Rusbridger.

L’Oversight Board ha finalmente valutato i primi casi: cinque ricorsi, sugli oltre 150mila casi sottoposti. La priorità, hanno scrispiegatotto i membri del consiglio, va ai casi che potrebbero influenzare più utenti o che hanno una certa importanza per il dibattito pubblico. Come la sospensione dell’ex presidente statunitense Donald Trump, caso che l’Oversight Board sta tuttavia ancora valutando.

In quattro dei cinque casi, la decisione di Facebook è stata ribaltata – i post citati all’inizio dell’articolo, inizialmente rimossi, sono quindi tornati disponibili – e l’unico intervento di moderazione confermato riguarda un post, apparso durante il recente conflitto tra Azerbaigian e Armenia, in cui si usava un termine spregiativo per definire gli azeri. Ma più che i casi concreti contano le motivazioni e ancora di più le raccomandazioni: ad esempio, anche nel caso dell’insulto verso gli azeri pur confermando (a maggioranza) la fondatezza dell’intervento del social network, si critica la scarsa trasparenza nel comunicare i motivi che hanno portato alla moderazione. Certo, mentre la decisione sull’intervento è vincolante – e quindi quattro dei cinque post prima moderati torneranno adesso disponibili – e diventa “giurisprudenza”, cioè Facebook è tenuta ad applicare lo stesso criterio ai casi simili, le raccomandazioni rimangono, appunto, raccomandazioni che il social network deve analizzare ma non necessariamente seguire.

Il caso idrossiclorochina

Uno dei cinque casi giudicati dall’Oversight Board riguarda la disinformazione sulla pandemia. Un utente francese ha pubblicato, nell’ottobre del 2020, un video commentando criticamente la decisione dell’Agence nationale de sécurité du médicament di non autorizzare, come trattamento per il Covid, l’idrossiclorochina combinata con l'azitromicina promuovendo invece il Remdesivir.

Si tratta del trattamento proposto dal discusso medico Didier Raoult: a sostegno dell’efficacia dell’idrossiclorochina vi sarebbe uno studio preliminare condotto su 24 pazienti. Ma la ricerca di Raoult presenta numerose lacune e successivi, e meglio condotti, studi non hanno trovato prove di efficacia, il che spiega le agenzie di controllo dei farmaci. Didier Raoult ha comunque continuato a sostenere la sua terapia, rimediando una denuncia della Société de pathologie infectieuse de langue française.

L’autore del post inizialmente rimosso da Facebook non solo difende un trattamento privo di efficacia, ma lascia anche intendere che vi sia un complotto contro la cura di Raoult. Facebook ha rimosso il video e il testo in quanto contengono informazioni false che potrebbero rappresentare un pericolo imminente per la salute. Affermare che esiste una cura per il Covid, ha spiegato il social network all’Oversight Board, potrebbe infatti indurre le persone a ignorare la direttive sanitarie e ad automedicarsi. Ma, ribattono i membri del consiglio, in Francia l’idrossiclorochina è disponibile solo con prescrizione medica e l’obiettivo dell’utente era criticare le decisioni delle autorità, non incoraggiare le persone ad assumere un certo farmaco o non seguire le raccomandazioni delle autorità sanitarie.  Il social network poteva quindi tranquillamente utilizzare strumenti meno invasivi, come gli avvisi ormai familiari sulla scarsa affidabilità delle informazioni riportate in molti post.

Ai membri dell’Oversight Board sono giunte diverse prese di posizione: gruppi e associazioni allarmati per le conseguenza della libera circolazione di notizie false, ma non sono mancate le voci preoccupate per la libertà di espressione.

Alla fine, il giudizio è netto: l’intervento censorio del social network “non è conforme alle norme internazionali sui diritti umani per quanto riguarda la limitazione della libertà di espressione”. L’Oversight Board ha inoltre evidenziato una certa confusione nelle regole di Facebook. Da qui le raccomandazioni: uniformare il regolamento per quanto riguarda la disinformazione sanitaria; adottare mezzi meno invasivi della rimozione quando non vi è pericolo imminente per la salute; aumentare la trasparenza sugli interventi di moderazione.

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