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Marianne Slot, professione produttrice (di Lars von Trier)

Incontro con la francese che sabato sera in Piazza Grande riceverà il Raimondo Rezzonico Award. ‘Qui tutto è basato sul desiderio e l'arte del cinema.’

Marianne Slot, produttrice francese
(Manuel Moutier)
5 agosto 2023
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Dici Lars von Trier e non puoi non dire Marianne Slot. Nome che ai più dirà poco, com’è destino per chi i film li produce, dal 1995 (con ‘Breaking the Waves’, 1996) è la produttrice francese del regista e sceneggiatore danese. Ma sarebbe riduttivo limitare, per così dire, alla collaborazione con uno degli autori cinematografici più innovativi e influenti del cinema contemporaneo l’impegno di chi in trent’anni ha lavorato con numerosi registi internazionali (la lista è lunga). L’abbiamo incontrata nella quiete di Casorella.

Marianne, lei si accosta tanto a registi affermati quanto a nomi sconosciuti. Quali sono le sfide nei due casi?

Iniziare con un nuovo regista, richiede parecchi sforzi: ci si deve conoscere, occorre adattarsi uno all’altro e comprendere forze e debolezze reciproche. È come stare sulle montagne russe – ride –; complicazioni e imprevisti non mancano mai e sul set, quando tutto corre e i soldi escono velocemente, è necessario trovare soluzioni in tempi rapidi. È una sfida e al contempo è emozionante. Del resto se così non fosse, non si farebbe questo lavoro. Io ho sempre voluto esplorare; mi muovo quindi verso progetti che si muovono su territori sconosciuti. Farlo insieme a un regista con il quale si è già lavorato, è ovviamente meno rischioso in quanto se ne conoscono le capacità artistiche.

Ha all’attivo parecchie co-produzioni. Nella scelta con chi collaborare, prevale l’istinto o la ragione?

È un insieme di cose. Ogni volta che accetto un progetto, è perché quel progetto per me è un’evidenza. Succede quando incontro qualcuno con cui si parla lo stesso linguaggio cinematografico e si desidera andare negli stessi ‘posti’; osando prendersi rischi e non limitandosi a rimanere in una zona di comfort. Alla base di ogni incontro c’è sempre stata un’identificazione nei film che ho deciso di sostenere e penso che la filmografia di SLOT MACHINE (la sua società di produzione, ndr) sia assai coerente. Perlomeno spero – ride.

Torna a Locarno dopo diciassette anni. Come ha ritrovato il festival?

Anzitutto la Piazza Grande ogni volta è impressionante! Vedere il proprio film su uno schermo gigantesco davanti a ottomila spettatori, credo sia il sogno di ogni regista, produttore, attore. Disporre di uno spazio del genere, è eccezionale. Ritengo che questo sia un Festival in continua evoluzione, in meglio; non è il caso di tutte le rassegne. Locarno ha mantenuto quella capacità di essere totalmente aperto e per nulla formattato; dove tutto è basato sul desiderio e l’arte del cinema. In generale mi piace andare ai festival, ci si può immergere davvero nel cinema. Quando vengo invitata a far parte di una giuria, è un’esperienza deliziosa. Solitamente sono io a dovermi occupare di tutto e tutti: essere colei di cui gli altri si occupano e avere una sola cosa da fare – guardare i film e poi discutere con altre persone che hanno guardato film – è fantastico!

Di lei il direttore artistico Giona A. Nazzaro ha evidenziato tra le altre cose la libertà creativa. È difficile nel suo ambito non essere ‘incasellati’?

Questo è il motivo che rende molto più ardua la ricerca di finanziamenti. Mi spiego. Sono una produttrice francese di origine danese, quindi considerata un po’ straniera; inoltre non ho una struttura, diciamo così, preconfezionata. Ogni volta ‘invento’ la produzione attorno a un film; artisticamente è interessante e stimolante, ma rende le cose estremamente difficili e precarie. Allo stesso tempo è mi rende totalmente libera con i registi e per me è essenziale.

Lei si è molto impegnata sulla questione della parità di genere. Crede che le cose, anche grazie al cosiddetto ‘MeToo’, siano evolute abbastanza? Oppure, una volta sceso il polverone, l’attenzione al tema sia scemata?

C’è stata una grossa presa di coscienza e sono stati compiuti passi avanti. Prima del MeToo molte persone, uomini e donne, non erano consapevoli del problema del sessismo nell’industria cinematografica. Personalmente sono però assai spaventata nel vedere il declino delle democrazie nel mondo. Vedere ciò che avviene negli Stati Uniti in termini di diritti delle donne, ad esempio, è inquietante. Perciò sì, da un lato si sono fatti passi avanti ma dall’altro si sta tornando indietro. In Europa abbiamo la fortuna che, in termini di parità uomo-donna, le istituzioni siano ben regolamentate.

Il cinema in sé non è un ambito prettamente maschile, ci sono tante donne che ci lavorano e che pure occupano posizioni istituzionali. Rimane il problema della distribuzione di potere, che vede ancora oggi una grande maggioranza di uomini nei posti che contano, come possono essere gli ambiti legati alla distribuzione dei finanziamenti.

L’omaggio e l’incontro

Nata in Danimarca, Marianne Slot è una produttrice francese specializzata in cinema d’autore internazionale. Nel 1993 ha fondato la società di produzione SLOT MACHINE. Riceverà il Raimondo Rezzonico Award in Piazza Grande questa sera; l’omaggio sarà accompagnato dalla proiezione di ‘Kona fer í stríð’ (‘Woman at War’) di Benedikt Erlingsson (Islanda/Francia/Ucraina 2018) alle 17 al GranRex. Domani, domenica 6, incontrerà il pubblico al Forum@Spazio Cinema (dalle 13.30).

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