laR+ La recensione

Piccoli microcosmi di Michele Orti Manara

‘Cose da fare per farsi del male’, dodici racconti indipendenti, brevi ma esaustivi (editi da Giulio Perrone)

L’autore
15 febbraio 2024
|

“Circa un anno dopo l’uscita del ‘Vizio di smettere’, mi ritrovo con sei racconti nuovi e inediti, pronti da impacchettare e proporre a qualche editore. Nonostante le premesse (una raccolta di racconti? ahia; di un autore italiano ed esordiente? ahia ahia) ‘Il vizio di smettere’ è andato piuttosto bene, e forse ubriaco di quel (micro)successo mi metto in testa che trovare un editore per la nuova raccolta non sarà troppo difficile. Che fessacchiotto. Ricevo in fretta i primi rifiuti, da parte di editori che mi piacciono molto. Incasso con falsissima signorilità e inizio a convincermi che abbiano ragione loro. I sei racconti sono tutti mediamente corti tranne uno, e mancano di coesione tra loro. Insomma, la raccolta così com’è non funziona.

Le possibilità a questo punto sono due: bruciare i racconti su una magnifica pira digrignando i denti, oppure rimettersi a scrivere. E siccome i racconti sono sul portatile e dargli fuoco sarebbe poco conveniente, non resta che la seconda”.

Con una lingua leggera e autoironica Michele Orti Manara nel suo blog racconta la genesi di ‘Cose da fare per farsi del male’, il suo ultimo libro edito da Giulio Perrone editore. È difficile scrivere, quasi quanto trovare qualcuno che si appassioni alle tue storie e decida di pubblicarle. La forma del racconto poi non sempre va a genio a tutti. Personaggi e situazioni cambiano in fretta, tocca ricominciare da capo a entrare in un’altra vicenda e, proprio quando si è completamente avvinti, accettare sportivamente di essere abbandonati sul più bello. Si volta pagina e ci si trova di fronte a un altro titolo. A volte questo può lasciare il lettore nel più totale sconforto. Altre invece stuzzica il suo appetito come di fronte a un vasto assortimento di antipasti, tutti diversi e tutti buonissimi. È un po’ quello che accade con ‘Cose da fare per farsi del male’, una raccolta di dodici racconti indipendenti (ebbene sì, si sono moltiplicati nonostante le avversità editoriali), piuttosto brevi ma parecchio densi perché, anche se durano un attimo, riescono a concentrare in un pugno di pagine dei microcosmi esaustivi, popolati da personaggi ben delineati, specifici e mai trascurati.

A Michele Orti Manara bastano poche frasi, qualche corta parentesi, per far immergere all’istante il lettore nel contesto. Come se entrassimo in una stanza dove sta accadendo qualcosa e con uno sguardo rapido riuscissimo a inserire la scena in un asse temporale in cui si intravedono passato, presente e probabile futuro. In “Acido lattico”, ad esempio, il protagonista ripercorre le sue pulsioni di morte, sfogate durante l’infanzia ai danni di animali e vegetali. E, così su due piedi, viene da chiedersi perché mai scelga di raccontare proprio quegli episodi che, all’apparenza, sembrano aver poco a che fare con la sua vita di adulto, con il suo negozio di piante e con la nascita di una relazione con la bella Mina. Eppure il quadro si fa via via più chiaro quando i pezzi di un’altra esistenza vanno ricomponendosi e scopriamo che quegli istinti hanno messo radici. Che stanno ancora lì, perché non sempre è possibile uscire indenni dall’infanzia:

“Sono come un rampicante che ha trovato due appigli e si fa forza su entrambi per risalire su, lontano dal sottobosco infestato di muffe e funghi su, verso la luce, senza poter capire cos’è che gli sta avvelenando la linfa, se sia qualcosa che era già contenuto nel seme da cui è germogliato o se lo abbia succhiato dal terreno in un secondo momento”.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔