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Quindici uomini attorno a un tavolo...

... si contendono il potere: uno di loro sente di essere ‘già’ morto, ma non può sapere quando avverrà ‘La caduta’ (dalla penna di Friedrich Dürrenmatt)

Friedrich Dürrenmatt
(Keystone)
15 febbraio 2024
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Un libretto Einaudi del 1973 (collana I coralli, n. 258), stampato a due anni dall’uscita dell’originale – e in quello di mezzo esce in italiano La panne –, e che ha compiuto 50 anni da poco. Friedrich Dürrenmatt, La caduta (Der sturz). Ci giri intorno prima di aprirlo pensando alle piccole, casuali scoperte che permettono le biblioteche.

In copertina un particolare de La morfologia dell’uomo, di Victor Brauner, tra i suoi dipinti meno inquietanti, da quel che si vede, tra Dalí e Klee. Solo giustamente grottesco. Libretto è la parola giusta: 143 grammi di peso per 55 pagine di testo, per lire 1’000 di costo. Tutto contribuisce ad acuire l’attenzione per l’inizio della lettura, a cominciare dal fatto che, dallo stato del volume, potrei essere il suo primo lettore.

Tre righe in quarta di copertina condensano il risvolto: “Quindici uomini attorno a un tavolo si contendono il potere: uno di loro sente di essere ‘già’ morto, ma non può sapere quando avverrà ‘la caduta”.” Caduta è un eufemismo per morte? O quel “morto” di poco prima vuol suggerire l’eliminazione politica? Si intuisce che la storia assumerà i contorni della parabola, della favola sinistra o tetra. E la prima conferma, forse, è nel nome dei personaggi: A, B, C, D, E... Il gioco o l’astrazione però non sottraggono la tensione, almeno alla prima lettura. Alla seconda va un po’ meglio, ti concentri sui particolari pensando all’epilogo che già conosci e che è anticipato asetticamente nel titolo. D’altra parte le tragedie erano annunciate per tali fin dalle prime righe: nel prologo del Romeo and Juliet il Coro dice quasi tutto. E qui Dürrenmatt sa che il titolo scelto dice tutto e niente. Resta da vedere il “chi” cadrà tra i quindici protagonisti (e il “perché”, il “come”).

Paura

Tutti infatti sono protagonisti, i membri del Segretariato del partito, insieme al capo. Non può ambire a quel ruolo solo quel colonnello che entra nei momenti meno opportuni. Nel primo è chiamato per accompagnare fuori L, che ha straparlato (ma L non esce, ha paura). Più avanti, rientra non chiamato. Finché gli comandano di non farlo più qualsiasi cosa accada. C’è poi un assente che diventa la parte essenziale dell’ingranaggio: O, il ministro dell’Energia atomica. Perché non arriva? Tanto ritardo vuol dire una sola cosa: è stato arrestato o eliminato. Così la riunione inizia nella paura – i più vicini ad O temono di essere i prossimi – che guida in generale la vita di questi uomini. “Il potere e di conseguenza il terrore reciproco erano troppo grandi per poter fare della pura politica”.

A siede a un capo del tavolo. Alla sua destra, B, D, F, H, K, M, O (che non c’è). Alla sinistra, C, E, G, I, L, N, P. L è il responsabile dei Trasporti, G l’ideologo ufficiale, C il capo della Polizia segreta. Ai due lati della calma e dell’impassibilità di A, sedatrici di chi sa quali sentimenti dentro di lui, o di nessuno, gli ossequi e i silenzi, i calcoli e le angosce di tutti. A fa un breve discorso in cui dice che la rivoluzione ha esaurito il suo compito. Il Segretariato politico non ha più ragione di esistere: tutti loro, vale a dire, non hanno più ragione di esistere. L’obiettivo era democratizzare il Paese, e questo si farà ora con una Camera allargata, la quale – questo non lo dice – sarà manovrata solo da A e non più da A più B, C, D... E qui la paura tenta ciò che non ha potuto fare il coraggio: “Perché il terrore non è che divida soltanto. Il terrore insegna anche a far fronte comune”. Comincia la caduta “freddamente, senza sforzo, in maniera quasi burocratica”.

Così per gioco

A volte è utile, o divertente, escogitare titoli alternativi del libro che stai leggendo. Una lista spunta da una cartella nelle ultime pagine e passa di mano in mano, a caduta avviata. Ognuno verifica se fosse già condannato a sparire. Ecco uno dei titoli alternativi: ‘La lista’. Un altro può essere ‘Il sospetto’? Perché O non è venuto? Da lì lo sviluppo delle vicende fino allo scioglimento. O è una specie di Deus ex machina a rovescio, che appare – non appare anzi – alla terza pagina e innesca gli eventi su una mera supposizione. ‘La lista’ non so, ma ‘Il sospetto’ sembra proprio un titolo da Dürrenmatt. (E lo è infatti, del 1953).

Dürrenmatt mette in scena il potere che si mutila e si rigenera, inscalfibile, auto o piuttosto eterodiretto. Un ente che forse coincide con il male, salvo quando non è ambito, quando è dato e accettato – non ipocritamente – controvoglia. Allora diventa servizio. Ma questo, con la nostra storia, non c’entra niente. Uno cadrà e sarà sostituito da un altro che gli assomiglierà quasi in tutto. Pensi ai potenti attuali inevitabilmente. Alcuni dettagli o un’aria generale del racconto ti suggeriscono l’Unione Sovietica. Pensi a un altro potente dei nostri giorni, Xi Jinping, nel momento in cui fa allontanare dalla sala del Congresso l’ex presidente Hu Jintao. Che in principio non comprende, resiste, poi cede, spaurito e disorientato.

Anche il presidente cinese, quello attuale, fra poco come l’A di Dürrenmatt non sarà “più un enigma, un genio e un superuomo, ma un despota ch’era soltanto il prodotto del suo ambiente politico”.

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