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‘Candide’, potrebbe piovere

Breve romanzo di Voltaire nato dal confutare, parodiare e irridere una formula filosofica che continuiamo a studiare impassibili nelle scuole

Conte philosophique o piuttosto anti-philosophique
(Wikipedia)
18 gennaio 2024
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Il gusto di una serie sulla distopia è di cercarne di laterali, spurie, travestite. E umoristiche per attenuare gli spaventi provocati dalle altre. Dunque, se un omino di Lilliput si stende accanto a una matita, la matita lo supera di tre centimetri. Più alto di molte tazze, sebbene di poco, al pacchetto di sigarette ci si può appoggiare coi gomiti. E su questo libro che ho appena iniziato, che parla di lui, ci starebbe comodo come su un letto fatto su misura. È alto 15 centimetri, un po’ di più forse di quel che immaginavamo. E alla terza pagina già uno di questi ometti scruta il protagonista con un arco in mano. Si trova sotto il suo mento, ha una quarantina di compagni alle spalle, sparsi sul corpo di Gulliver disteso.

Poi si va avanti un poco a fatica. Terminato l’episodio di Lilliput, l’attenzione si disperde ancora di più. Decido di lasciare. Mi viene in mente un altro libretto della mia libreria, dalla copertina “carta da zucchero” e tradotto, insuperabilmente, da Riccardo Bacchelli (1891-1985), ricordato per aver dato il nome a una legge e per il titolo di un libro, ‘Il mulino de Po’, che non leggiamo. Si può ritenere il ‘Candide’ (Candide, ou l’Optimisme) una specie di ‘Gulliver’s Travels’ più riuscito? O, meno drasticamente, che la storia di Voltaire non invecchia e quella di Swift sì? Per convalidare giudizi tanto perentori su un gran classico, è giusto prendersi qualche mese di lettura. O anche un paio d’anni, visto che nel 2026 ricorreranno i tre secoli dei ‘Viaggi’.

Conte philosophique o piuttosto anti-philosophique

Voltaire avrà scritto il suo racconto più famoso ridendo, con veri scoppi di risa più sonori ogni tanto, come avrà letto Leibniz con la sua teoria del migliore dei mondi possibili. E come noi leggiamo la storia di ‘Candide’. Un intero breve romanzo nato dal confutare, parodiare e irridere una formula filosofica che continuiamo a studiare impassibili nelle scuole. Conte philosophique o piuttosto anti-philosophique, se una teoria filosofica, per descrivere la realtà, la cancella.

Lascia perplessi l’affermazione di Gide riportata da Leonardo Sciascia: “Scrive il ‘Candide’ per divertirsi; e, divertendosi, diverte. Ma si sente pure che vuole provare qualcosa e non si sa bene che cosa, né con chi ce l’abbia”. Vuol mostrare, più che provare, le astrusità e il ridicolo delle teorie leibniziane (tutto ciò che accade è necessario; non solo è necessario, ma è bene; il male particolare contribuisce all’armonia universale...). E ce l’ha con Leibniz e con tutte le crudeltà, i pregiudizi, le sopraffazioni, le falsità, le ingiustizie del mondo, soprattutto se a parole le si rovescia. L’ingiustizia perpetrata e il male non rimediato o non punito, magari chiamandolo bene, e il bene non compiuto generano distopie in ogni luogo e in ogni tempo. Perché la vita sia invivibile, metà del genere umano non ha bisogno di aspettare una catastrofe irreparabile.

Voci

Ho segnato nel Dizionario filosofico di Voltaire venticinque voci che illustrano e sono illustrate da ‘Candide’. Alcune si radunano nelle ultime pagine: Superstizione, Tirannia, Tolleranza, Tortura, Uguaglianza. E tra le altre ci sono, per esempio: Bene (Tutto è); Catena degli eventi; Fanatismo; Del giusto e dell’ingiusto; Guerra; Padrone; Pregiudizi. La prima della lista inizia così: “Vi fu un bel clamore nelle scuole, e anche tra coloro che ragionano, quando Leibniz, parafrasando Platone, costruì il suo edificio del migliore dei mondi possibili, e immaginò che tutto andasse per il meglio”. “Rese dunque al genere umano”, aggiunge, “il servizio di mostrargli che dobbiamo essere tutti contentissimi”. Da qui in avanti, tra serio e meno serio e serissimo, con quelle voci si può mettere insieme un’appendice di ‘Candide’ lunga quanto il racconto. E Gide non avrebbe più nessun dubbio su cosa intenda provare e con chi ce l’abbia Voltaire. Quanto al resto, quanto cioè al ‘Candide’ in senso stretto, riassumere Voltaire è un compito impossibile. A ogni tentativo fallisci e pensi di ricorrere alla citazione. Scriveresti un articolo di sole citazioni e sarebbe la scelta migliore. Questo vale anche per il Dizionario, che qua e là ricorre alle stesse risorse del racconto. ‘Candide’ è anche un libro d’avventura, e di viaggio, impazzito. Parodia dei romanzi di quarta serie – noti già alla Grecia antica – in cui tutto gira su due innamorati che si perdono e si ritrovano, e quello che succede in mezzo è una specie di ‘Candide’ senza accorgersene: una catena di sciagure narrate con la più grande calma. Così è il racconto più riuscito di Voltaire: scritto con calma, distacco e a precipizio. Una novella esemplare che più esemplare – di come va il mondo e di come non si dice che vada – non potrebbe essere.

Intendevo cercare un avvio di questo discorso tra i ‘Pensieri spettinati’ di Stanisław Lec – vissuto distopicamente, superfluo dirlo, nella Polonia degli anni della seconda guerra –, dandomi tre possibilità. Aprire a caso la raccolta e puntare il dito per tre volte. Alla seconda avevo trovato questo: “Gli altri hanno ridicolizzato tutto, e io mi prendo immeritatamente gli allori di scrittore satirico”.


Wikipedia
Nicolas de Largillière, François-Marie_Arouet detto Voltaire

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