laR+ LA RECENSIONE

La magnifica imperfezione di Gianni Miraglia

In ‘Vedo la gente vincere’ lo scrittore e performer racconta la sua rinascita artistica dopo delusioni e insuccessi

Gianni Miraglia
(Valerio Millefoglie)
20 dicembre 2023
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“Da bambino, Leonard viene preso di mira dagli antisemiti. I genitori, che non prendono mai le sue difese e gli addossano sempre la colpa di tutto, parteggiano per gli antisemiti”: ci voleva il genio di Woody Allen per rappresentare la fragilità dell’emarginato che, alla ricerca di un mondo che gli somigli, subisce il rifiuto di un contesto limitato e frustrante, che non sa aiutarlo a trovare sé stesso. La vita può essere poco gentile, inesorabile, spietata con i maldestri e spesso silenziosi tentativi di “quelli che per timidezza, insicurezze e fatica nell’apprendere, hanno accettato di mettersi da parte, di abbassare la testa e il cuore”: lo scrittore e performer Gianni Miraglia ha però saputo trovare, scavando con altrettanta ferocia nel labirinto, che immaginiamo intricatissimo, delle sue insicurezze, gli anticorpi e il coraggio per guardarsi allo specchio e, ogni volta, reinventarsi.

Fino ad avere le idee molto chiare sulla direzione da non prendere, sul gorgo conformista e rassicurante in cui non precipitare, sul gusto comune da non soddisfare: “Lo scrittore in te va protetto. Deve isolarsi, spingersi oltre lo scalpore e i tuoi punti di vista. Sei un navigatore solitario nella direzione in cui supponi ci siano verità sconosciute a te stesso, ti congiungi alla tua indicibile versione, alle meschinità e alle debolezze; ciò che dai per scontato sarà il tuo nuovo dubbio. Scrivere ciò che va bene può darti il bestseller e tanti proseliti in fase digestiva, ma verrai dimenticato col sopraggiungere di un nuovo fragore da vendere”.

Contro le mode e le influenze altrui

E ciò che va bene in un mercato librario che annaspa nella nevrotica ricerca di galline dalle uova d’oro, e che per sopravvivere vende desideri e speranze in confezione spray, non può andare bene per uno che a ogni riga dà l’impressione di giocarsi la vita. Consapevolezze e idiosincrasie che innervano ‘Vedo la gente vincere’, racconto autobiografico pubblicato dalla Luca Sossella Editore (da cui Miraglia ha tratto una “stand down performance” che porterà in scena giovedì 21 dicembre alle 19 allo Spazio L’Ove di Lugano). Pagine in cui Miraglia sa offrirsi da solo quello che il mondo distratto non gli dà, la spinta a reagire, ad alzare la voce, a rivendicare la propria unicità, a ricordare e a ricordarsi di avere fatto bene a spendere la vita cercando di liberarsi dalle influenze e dai codici altrui, mettendo in conto la solitudine e il timore di ritrovarsi al verde.

Ogni tanto il caso offre qualche indicazione, frasi buttate là distrattamente, forse senza neanche crederci, ma capitate, per una volta, alla persona adatta nel momento giusto, come quando Miraglia incontra a una cena il critico d’arte Achille Bonito Oliva: pur non apprezzandone il protagonismo e l’ansia di imporre ai commensali il proprio carisma, ne registra una frase che lo segnerà per sempre: tutto ciò che tu fai per sopravvivere, senza andare a lavorare, può diventare arte.

La rivincita di una vita dispari

Il problema, per chi cerca l’autenticità oltre le provvidenziali maschere imposte dalle convenzioni della rispettabilità sociale, è la necessità di passare per la porta più stretta, non sapendo compiere scelte che non siano radicali, specie in un microcosmo culturale e mediatico che indica il tempo di lettura di un articolo, confonde divulgazione con banalizzazione, sopisce e reprime ammannendo intrattenimenti stereotipati e facilmente vendibili che rilassino, divertano, tranquillizzino e ci mettano in pace con la coscienza, facendoci sentire colti, intelligenti, raffinati. Ma c’è amore un po’ per tutti, e tutti quanti hanno un amore nella cattiva strada, e può darsi che il caso offra anche degli incontri con pazzi che parlano la stessa lingua e sanno intuire nel blocco di granito la possibilità di una statua.

Ed ecco che questo libro, strutturato come un conto alla rovescia con la numerazione dei capitoli che va da dieci a zero, racconta una progressiva liberazione dallo sconforto, dalla disillusione, dalla paura di non farcela, dall’apatia di chi assiste alla vita degli altri senza avere idea di come vivere la propria, una vita dispari in perenne contatto con l’incompiutezza. È come se Miraglia avesse redatto il manifesto di una sorta di socialismo fantastico, “per quei milioni di scontenti in cerca di uno spiraglio dal basso”, perché “c’è sempre uno spazio per ognuno di noi, specie per chi è cresciuto con la paura di sporcare”, e chiunque, dopo essersi perduto nell’abisso della propria disperazione, può diventare, anche in piccolissime cose fatte con cura, verità e amore, “il grande artista sceso in terra per creare magnifica imperfezione”.

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