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San Francisco cento anni dopo

‘La peste scarlatta’ di Jack London: mentre il Consiglio dei Magnati dell’Industria domina il mondo, un’epidemia cancella la razza umana...

Correva l’anno 1912 (ma anche il 2073)
14 dicembre 2023
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Vittorini presentando Jack London in ‘Americana’, nella sezione che è già una definizione “Leggenda e verismo”, sostiene che “nessuno dei suoi romanzi è particolarmente notevole. ‘The Sea-Wolf’ e ‘The Call of the Wild’ ci sembrano i più significativi”. Poi infila nell’antologia ‘Accendere una fiammata’ (To build a Fire), racconto di grande potenza. Allora pensi che Vittorini fosse troppo esigente e anche che la nostra letteratura – nostra nel senso di mondiale di oggi – sia piuttosto decaduta da allora.

Pensato questo, ti dici che ‘Americana’ resta l’esemplare antologia che è sempre stata o che il suo valore aumenta. Borges con ‘Jack London’ è più buono (“la vitalità che animò la sua vita anima l’opera”), ma lui non smise mai di amare i libri d’avventura letti e amati da ragazzo, Kipling e Stevenson su tutti. Nelle due pagine che gli dedica nella Introducción a la literatura norteamericana scritta con Esther Zemborain, accenna ai mestieri praticati dallo scrittore: lavorante di fattoria, venditore di giornali, vagabondo, capobanda, marinaio. E “Non furono estranei alla sua esperienza la mendicità e il carcere”.

La lista condivide una sola attività con quelle elencate dalla Larousse: “venditore di giornali, raccatta-birilli in un boowling, cacciatore di gatti per la pelle, schiumatore in un allevamento d’ostriche, cacciatore di foche in Giappone”. Altri ne mancano, certo, e cercatore d’oro si dà per scontato.

I difetti che si addebitarono alla sua prosa – prolissità, trascuratezza – sono quelli di tre quarti dei libri di avventura anche di notevole valore. Ma nulla della vita di London poteva condurre alla raffinatezza. ‘To build a Fire’, in ogni caso, smentisce tali critiche. Mi attardo su questo racconto breve perché ha qualcosa di post-apocalittico. Un uomo solo nella neve deve raggiungere l’accampamento dei compagni. Arriva la sera e la temperatura scende: meno 50, meno 60... Un cane è con lui. Prova e riprova ad accendere un fuoco, la sola salvezza. Ci riesce tre volte ma anche la terza si spegne.

Dei quasi cinquanta libri scritti, seppure tre o quattro avessero la forza di ‘To build a Fire’, London avrebbe compiuto il suo destino di scrittore. E sappiamo che sono più di tre o quattro.

Un dollaro d’argento

‘La peste scarlatta’ appare come il rovescio de ‘La strada’ di McCarthy, in cui un padre lotta per la sopravvivenza rassicurando e proteggendo il figlio. Qui troviamo un vecchio e tre ragazzi suoi nipoti. Il vecchio – verremo a sapere che ha 87 anni e si chiama James Howard Smith; quasi diremmo si chiamava, tanto è stravolta la sua vita – condotto da loro non fa che lagnarsi ed esigere cibo che gli ricordi la vita che conduceva sessant’anni prima. Non trovano che cozze e granchi, vagando per la baia di San Francisco, ma lui va matto per i granchi. Presto la storia diventa il racconto di un racconto. I ragazzi gli chiedono di questa peste scarlatta che ha sempre sulle labbra e che ha quasi distrutto l’umanità. E lui raccontando ritrova l’inglese perduto, uscendo dal gergo franto e misero che conoscono i nipoti.

London scrisse la sua storia nel 1910 – stesso anno di ‘To build a Fire’ – e appena incontriamo una data è istintivo fare calcoli. Più istintivo trattandosi di una distopia. Edwin trova “un dollaro d’argento tutto ammaccato e annerito”. Il nonno vi legge “2012” e dice: “Quell’anno Morgan V veniva eletto Presidente degli Stati Uniti dal Consiglio dei Magnati. Dev’essere una delle ultime monete coniate perché la Morte Scarlatta è sopraggiunta nel 2013”.

Sono passati sessant’anni, siamo dunque nel 2073. Cos’è accaduto da allora? Con molti nomi e fatti, nel dettaglio il vecchio descrive un mondo in cui gli esseri umani si ridividono in cacciatori o prede, i servi si fanno padroni dei padroni, i superstiti si uniscono in tribù di sette o venti membri. “Noi che avevamo dominato il pianeta, la sua terra, il suo mare e il suo cielo, noi che eravamo veri e propri dèi, ora viviamo allo stato selvaggio, primitivo, lungo i corsi d’acqua di questa regione, la California”.

Uno dei tanti mestieri

Ti domandi quali esperienze abbia avuto l’autore per poter raffigurare tanto intensamente una storia apocalittica. La sua vita ha potuto portare a questo molto naturalmente, nelle lotte per sopravvivere viste e combattute. Ma la curiosità è in parte oziosa: in ‘Americana’ solo Frank Norris e O. Henry separano London da Stephen Crane e dal suo ‘Segno rosso del coraggio’, “leggendaria e veristica” narrazione sulla guerra di secessione, della quale l’autore non aveva alcuna esperienza. Né di altre guerre o esperienze vicine a quelle londoniane.

Da anarco-socialista diventato ricco, pur con la vita infame precedente, alcuni studiosi (accademici) storsero il naso allo yacht e alla villa di London. Una questione ricorrente ma oziosa anche questa. “¿Será buena persona el cocinero?”, così Javier Marías liquidava sospetti simili. Per pochi è indispensabile l’integrità morale - se diventare ricchi è immorale di per sé - come per gli artisti.

Scrivere fu uno dei suoi innumerevoli mestieri, il meno pratico e il più redditizio per lui e per noi. Lo affrontò concretamente come aveva dovuto affrontare gli altri.

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