laR+ La recensione

‘Stella maris’, la meditazione finale

L'ultimo romanzo di Cormac McCarthy prima della sua morte, un dialogo tra psichiatra e paziente in fuga dai suoi demoni

La seconda metà del dittico
22 novembre 2023
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Ci sono libri composti da pagine così dense e appiccicose che diventa difficile riuscire a staccarsele dalle dita. Succede un po’ come ai gabbiani quando, tuffandosi per acchiappare un pesce, restano impiastricciati nelle macchie di catrame, riversato in mare da qualche petroliera naufragata. Leggere l’ultimo romanzo che Cormac McCarthy ci ha regalato prima della sua morte, avvenuta lo scorso giugno, è un po’ come tuffarsi in un lago di petrolio e rimanerci invischiati. ‘Stella maris’, seconda metà di un dittico cominciato con ‘Il passeggero’ ed edito da Einaudi per la traduzione di Maurizia Balmelli, è un dialogo tra uno psichiatra e una giovane e brillante paziente, ricoveratasi di sua spontanea volontà per sfuggire ai suoi demoni.

Partita a scacchi

Alicia, disturbata sorella di Bobby, protagonista del primo volume, è un genio della matematica, scettica e diffidente, Robert è un medico volenteroso che tenta con tutti i mezzi di fare breccia in un mondo interiore complesso e ramificato, dove numeri, teorie matematiche e filosofiche si intrecciano ad allucinazioni, incubi spaventosi e traumi passati.

Senza virgolette né incisi che possano aiutare l’avvicendarsi delle battute, assistiamo a una sorta di partita a scacchi tra due giocatori molto bravi a smascherare le mosse dell’altro per costringerlo a uscire allo scoperto o a cambiare completamente strategia. La lettura scorre lentamente, a volte procede a tentoni, altre richiede di tornare indietro per cercare di dare un’appartenenza alla voce che sta parlando in quel momento.

Qui riconosciamo temi e atmosfere a cui McCarthy ci ha abituato nei suoi titoli precedenti, alcuni dei quali diventati veri e propri cult cinematografici. Sono spesso disperati o sopravvissuti a una tragedia i personaggi che incontriamo nelle sue opere. Si pensi a ‘La strada’, dove padre e figlio si aggirano in un mondo post apocalittico aggrappandosi a un carrello della spesa, unico oggetto rimastogli; oppure al più cruento ‘Non è un paese per vecchi’, dove assistiamo allo spietato e sanguinoso inseguimento di un improvvisato ladro di soldi; o ancora a ‘Sunset Limited’, romanzo in forma drammatica che si apre sul suicidio fallito di uno dei due protagonisti.

Tempo, realtà, esistenza

Attorno alla catastrofe di mondi in dissoluzione e personaggi senza più alcuna speranza si aprono profondi squarci dedicati all’indagine attorno a Dio, all’osservazione della morte, all’analisi del dolore. ‘Stella Maris’ in questo senso è un libro che tocca altissimi livelli di speculazione filosofica, logica e matematica costruendo un ingranaggio articolato che riflette sul tempo, sulla percezione della realtà e sul concetto stesso di esistenza:

“Lei mi chiede dove stanno”, dice Alicia parlando delle proprie visioni. “Non so dove stanno. Ma sono tutt’altro che in nessun luogo, come il niente, necessita di un testimone che per definizione non può fornire. Sarebbe restio a riconoscere a quelle creature una volontà propria, ma se non fossero dotate di una qualche forma d’autonomia in che senso potremmo dire che esistono? Io non ho né il potere di farle comparire né quello di mandarle via. Non parlo per loro né mi occupo della loro igiene personale o del loro guardaroba. Ho detto che erano indistinguibili dagli esseri viventi, ma la verità è che casomai la loro realtà è ancora più manifesta”.

In questa stanza sterile e lattiginosa, dove il mondo esterno sembra appartenere al ricordo e il presente non ha più alcun riferimento, si muovono come intrappolati nel nulla il dottor Cohen e la sua disperata paziente Alicia, accompagnati da fantasmi, visioni vivide e allucinatorie e incubi che fanno capolino diventando piano piano astrazioni, strumenti utili a spiegare una realtà che diventa sempre più difficile identificare.

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