CULTURE

Bobo e quella sinistra un po' così

Sergio Staino, morto sabato, ci lascia con il suo alter ego un'analisi dolceamara della militanza progressista

Ultimo direttore del quotidiano l’Unità
(@Wikipedia)
22 ottobre 2023
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E adesso, senza Sergio Staino, chi si incaricherà di tastare il polso al progressismo italiano (o a quel che ne resta), che si è fatto via via sempre più annacquato, decaffeinato, rosé? Chi ci farà sorridere di quel tragico décalage del carisma espresso da leaderini sempre più traballanti, fantozziani e clamorosamente scollati dall'elettorato che pretenderebbero di rappresentare? Maramaldeggiando, è facile descrivere con i versi di Eugenio Montale la crisi di identità dell'afasica sinistra italiana: "Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l'animo nostro informe..."; "Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Il barbuto e occhialuto Bobo, l'anti-eroe delle vignette di Staino (oltre che suo fedelissimo alter ego), è stato negli ultimi decenni lo spettatore inutilmente militante di questo sfacelo, l'impotente coscienza critica dell'assottigliarsi di un elettorato, di una forza ideale, di una parte politica che non ha saputo rinnovarsi, presumendo di poter campare di rendita sulla chiamata alle armi contro lo strisciante e mai sopito criptofascismo italico.

Bobo incarna il tormento di chi non ha mai capito, fuori dagli slogan e dalle petizioni di principio, come conciliare lo spirito rivoluzionario, la pars destruens, la rabbia identitaria lanciata a bomba contro l'ingiustizia con l'ambizione di governare e, a quel punto, con la necessità riformista di mediare, dialogare, procedere per gradi. Intorno ai dubbi e alle disillusioni di Bobo gravitano le anime della sinistra: quella combattiva e femminista, rappresentata dalla moglie californiana, quella idealista e sognatrice della figlia e quella più pragmatica, tra socialdemocrazia e liberismo, incarnata dal figlio. Figli che interrogano, che pungolano, che non si accontentano di risposte precostituite e spingono Bobo a mettersi in discussione. E, in più, con l'amico Molotov, l'alta tradizionalista, ortodossa e fermamente staliniana, poco incline al compromesso. Tante correnti che Staino, con encomiabile ottimismo, ha mantenuto unite intorno all'elastico monolite di Bobo, pronto con infinita rassegnazione e una valigia di perplessità ad adeguarsi ai cambiamenti imposti dalla Storia (dal PCI al PDS, dai DS al PD) rimanendo fedele a sé stesso: un modo per esorcizzare l'attitudine alla scissione e l'incapacità di fare squadra, che è il filo conduttore della volubile e masochistica storia della sinistra, perenne ostaggio del narcisismo dei suoi capetti.

Ricordiamo, a proposito di questa disgraziata debolezza, una vignetta con la famiglia riunita a tavola e Bobo che abbandona per un istante la consueta espressione incerta, quella faccia un po' così che è la sua maschera, per osservare, piuttosto arrabbiato: "Non è vero che Renzi ha le palle! Siamo noi della sinistra PD che non le abbiamo!". In un'altra, un dialogo con Molotov: "Ora sei contro Renzi... ma a favore di chi?!? Dimmelo! Dimmelo! Che ci vengo anch'io!". Osservava Umberto Eco che gli storici del futuro, volendo capire cosa sia successo a una generazione, dovranno tener conto di Bobo più di tanti rispettabili e noiosi trattati. Anche questo, a pensarci bene, è un limite della sinistra italiana: essersi aggrappata, vista la desolante caratura dei suoi sopracciò, alla verve dei fumettisti, all'autorevolezza dei cantautori, all'esibizionismo di qualche sopravvalutato scrittore.

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